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mercoledì, 11 Dicembre, 2024
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Umiliata per i suoi studi a Catanzaro, il caso di Sara Pedri: “Il nome di chi sbagliava affisso in bacheca”

Nel reparto di ginecologia c'era da parte del personale sanitario una «una sorta di paura di essere» costantemente ripresi.

«Tu chi c.. sei per dirmi quello che devo fare?». Nel racconto di un’ostetrica si evidenziano i presunti atteggiamenti aggressivi della dottoressa Liliana Mereu che avrebbe assalito una professionista «incalzandola fisicamente e in modo aggressivo tanto che è stata costretta a indietreggiare».

È questo uno dei passaggi delle decine di testimonianze, sommarie informazioni, raccolte dai carabinieri del Nas di Trento, nell’inchiesta che mira a fare luce sulle presunte vessazioni che avrebbero spinto la ginecologa Sara Pedri a scappare il 4 marzo del 2020 e forse a suicidarsi. Nell’indagine compaiono due persone indagate, sono gli ex vertici del reparto di ginecologia dell’ospedale Santa Chiara di Trento. Saverio Tateo (licenziato dall’Azienda sanitaria di Trento) e dalla sua vice Liliana Mereu, sono entrambi indagati per maltrattamenti e abusi di mezzi di correzione.

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Un’infermiera ricorda che era stata assunta da poco quando sarebbe stata aggredita dalla dottoressa Mereu solo per il fatto che avrebbe sollecitato un intervento del medico perché una paziente non stava troppo bene. «Dopo circa un’ora per la terza volta avvisavo la dottoressa della paziente, a quel punto mi afferrava per il braccio e mi trascinava verso la stanza… Mi sono sentita uno schifo e ci sono rimasta molto male». Molte testimonianze raccontano di incontri sporadici con l’ex primario Tateo e di scontri forti con Mereu.

Un’altra sanitaria ricorda che a giugno del 2020 di essersi rivolta a Tateo per segnalare il «comportamento della dottoressa Mereu». Ma lui avrebbe reagito alterandosi. «Mi aggrediva rispondendomi che queste cose non gli interessavano e se avevo qualcosa da dire dovevo rivolgermi ai giudici e ai tribunali concludendo dicendomi: “lei non vale niente”. Questo episodio mi ha ferita molto». Poco dopo il colloquio con Tateo, Mereu l’avrebbe accusata di aver parlato male di lei: «Se continua a parlare così di me la denuncio per diffamazione».

Nel reparto di ginecologia c’era da parte del personale sanitario una «una sorta di paura di essere» costantemente ripresi. Inoltre un’infermiera avrebbe scritto una email ai vertici dell’azienda sanitaria : «Vorrei parlarle della situazione ormai insostenibile con un dottoressa di ginecologia (si riferisce a Mereu). Ogni volta che mi ritrovo a lavorare con lei mi mette in imbarazzo davanti a tutti e mi denigra pur svolgendo il mio lavoro nel migliore dei modi». «Ormai è da due anni che sostengo questa situazione, spero che tenga in considerazione la mia richiesta di aiuto». L’infermiera chiede un appuntamento, ma non ottiene alcuna replica. Il primo febbraio manda un secondo messaggio: «Vi rimando un’email a cui non ho ricevuto alcuna risposta, sperando in un vostro contatto». Anche questa missiva non ha ricevuto mai una risposta.

Diversi sanitari ascoltati dal Nas hanno parlato di «clima di terrore». «Nel reparto c’è la “caccia al colpevole”, che sia un caso problematico in sala parto, un parto difficile, qualsiasi tipo di problema, sembra che la priorità sia quella di trovare un colpevole», racconta un’altra dipendente dell’ospedale in servizio sempre nello stesso reparto. Una collega ha riferito che c’era una «caccia all’errore» che si trasforma «in attacchi sul profilo personale e professionale. Le reazioni spropositate a eventi critici, ma anche di minore rilevanza hanno creato un clima di costante paura di sbagliare portando a un “interventismo” estremo per evitare di subire il “processo”… Atteggiamenti vessatori e umilianti che sono diventati una prassi».
(fonte: Il gazzettino.it)

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