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sabato, 20 Aprile, 2024
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Report di Cittadinanzattiva: Anche in Calabria liste bloccate e rinuncia alle cure, effetti dell’emergenza covid

Il Covid 19, anche se formalmente si è chiuso lo stato di emergenza sanitaria, continua ad avere ricadute importanti sul diritto alla salute dei calabresi, fra le comunità più in crisi nell’accesso alle cure. È questo il quadro che emerge dal “Rapporto civico sulla salute. I diritti dei cittadini e il federalismo in sanità”, presentato nei giorni scorsi da Cittadinanzattiva e stilato anche sulla base delle segnalazioni ricevute sul territorio dall’associazione e dal tribunale per i diritti del malato.

Le liste d’attesa, già “tallone di Achille” del Sistema Sanitario Nazionale in tempi ordinari, durante l’emergenza hanno rappresentato la principale criticità per i cittadini, in particolare per i più fragili, che di fatto non sono riusciti più ad accedere alle prestazioni. I lunghi tempi di attesa (che rappresentano il 71,2% delle segnalazioni di difficoltà di accesso) sono riferiti nel 53,1% di casi agli interventi chirurgici e agli esami diagnostici, nel 51% alle visite di controllo e nel 46,9% alle prime visite specialistiche. Seguono le liste d’attesa per la riabilitazione (32,7%) per i ricoveri (30,6%) e quelle per attivare le cure domiciliari-ADI (26,5%) e l’assistenza riabilitativa domiciliare (24,4%).

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Stop alle cure delle malattie oncologiche
Secondo le analisi di Corte dei Conti e Agenas-Sant’Anna di Pisa, per quel che riguarda la specialistica ambulatoriale si è assistito a una riduzione complessiva fra 2019 e 2020 di oltre 144,5 milioni di prestazioni . Le variazioni più marcate riguardano Calabria con un – 30,6%. Nell’area oncologica, tra 2019 e 2020 c’è stata una riduzione di circa 5100 interventi chirurgici per tumore alla mammella (-10% a livello nazionale, con punte del 30% in Calabria.
La Calabria è anche tra le regioni che non raggiungono lo score ritenuto sufficiente nell’ambito degli screening preventivi oncologici.

La continuità assistenziale
La riforma dell’assistenza territoriale è diventata la parola d’ordine del post pandemia e la principale sfida, in ambito sanitario, del Pnrr. E anche uno degli ambiti in cui si riscontrano grandi inefficienze soprattutto in Calabria: il 17,4% delle 13.748 segnalazioni ricevute da Cittadinanzattiva fa riferimento all’assistenza territoriale, in particolare al rapporto con Medici di Medicina Generale e Pediatri di Libera Scelta (25,8%), di cui i cittadini lamentano lo scarso raccordo con gli specialisti e i servizi sul territorio, nonché la scarsa disponibilità in termini di orario, reperibilità e presa in carico ; le carenze dei servizi di continuità assistenziale (13,9%) in particolar modo riferibile a irreperibilità o orari limitati della guardia medica; e le carenze dell’assistenza domiciliare integrata (12.1%), in particolare per la mancata integrazione dei servizi sociali e sanitari, le difficoltà nell’attivazione, la mancanza di alcune figure specialistiche (fra cui gli psicologi), il numero inadeguato di giorni o ore.

La speranza è nelle case di comunità
In tema di assistenza territoriale nel Pnrr si punta moltissimo sulle Case della Comunità: se ne prevedono ben 1.350. Queste strutture potrebbero consentire al Sud di ridurre almeno parzialmente il divario col resto del Paese. Infatti, la proporzione tra numeri di pazienti cronici e strutture previste dal Pnrr (Case e Ospedali di Comunità) premia indiscutibilmente Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, oltre ad Abruzzo e Sardegna. Un dato che trova conferma nella ripartizione su base regionale delle risorse economiche previste dal PNRR, in particolare degli investimenti pro-capite.

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