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venerdì, 29 Marzo, 2024
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Organizzazione mondiale sanità irritata con la Cina, scarse informazioni sul genoma e sui primi pazienti

Citando materiale audio e documenti interni, l’Associated Press ha riferito che la Cina ritardò il rilascio delle informazioni riguardanti il nuovo coronavirus responsabile della pandemia di Covid-19, ostacolando il lavoro dei funzionari dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nella prima fase dopo la scoperta di casi di polmoniti anomale a Wuhan.
La Cina avrebbe ritardato la diffusione delle informazioni sia sul genoma del virus sia sui primi pazienti, rendendo difficile determinare la velocità di trasmissione del coronavirus. Le lodi ricevute dall’Oms sarebbero state soprattutto un invito a Pechino a rilasciare maggiori informazioni, secondo Associated Press, mentre in privato i funzionari dell’agenzia delle Nazioni Unite si sarebbero più volte lamentati per i ritardi della Cina.
Il quadro che emerge appare in contraddizione sia con le affermazioni del presidente cinese, Xi Jinping – che ha sempre difeso l’operato della Cina come “tempestivo” e “trasparente” – sia con il punto di vista del presidente Usa Donald Trump, che ha accusato l’Oms di essere “sino-centrica”. Alla scarsa trasparenza cinese si unisce, invece, una sorta di impotenza dell’Oms che non ha poteri ispettivi e non può indagare in maniera indipendente all’interno dei Paesi membri. L’Oms avrebbe messo in buona luce la Cina per non irritare i funzionari di Pechino e assicurarsi maggiori informazioni sulla malattia.
La frustrazione dell’Oms era apparsa chiara nella seconda settimana di gennaio, prima dell’impennata di casi a Wuhan del 20 gennaio scorso. Il direttore delle emergenze dell’Oms, Michael Ryan, aveva lamentato che la Cina non stava collaborando come avevano fatto in passato altri Paesi e che era necessario esercitare maggiore pressione sulla Cina per una maggiore trasparenza. “Stiamo procedendo con informazioni minime, chiaramente non è abbastanza per una pianificazione appropriata”, aveva dichiarato Maria van Kerkhove, a capo del gruppo tecnico sul Covid-19 dell’Oms, durante un incontro interno citato dall’Ap.
La ricerca del genoma del coronavirus era già cominciata a fine dicembre scorso, e le prime mappature risalgono ai primi giorni di gennaio, ma il rilascio delle informazioni non sarebbe stato altrettanto tempestivo, a causa di una legge che impedisce ai laboratori di condurre esperimenti su virus potenzialmente letali senza l’approvazione delle autorità sanitarie nazionali. Inoltre, a rallentare il rilascio di informazioni sarebbe intervenuta una nota emessa il 3 gennaio scorso della Commissione Nazionale per la Sanità ai laboratori scientifici che stavano lavorando sul nuovo coronavirus per distruggere i campioni del Covid o inviarli a istituti designati per metterli in sicurezza. A questo si aggiunge una quasi assenza di nuovi casi di polmonite anomala a Wuhan nei bollettini ufficiali delle due settimane successive, nonostante i primi casi registrati di decessi.
L’assenza di informazioni aveva innervosito l’Oms già nei primi giorni di gennaio. Lo stesso Ryan aveva lamentato l’assenza di diagnosi di laboratorio, di analisi sulla distribuzione geografica del virus o di una curva epidemica. Prima del 20 gennaio scorso, quando si impennò la curva di contagi a Wuhan, nonostante la situazione apparisse sempre più grave anche per le autorità cinesi, la frustrazione dei funzionari dell’Oms per la scarsa trasparenza della Cina era giunta a livelli molto alti.
“Abbiamo formalmente e informalmente richiesto maggiori informazioni epidemiologiche”, ha dichiarato il rappresentante dell’Oms in Cina, Gauden Galea, “ma quando abbiamo chiesto specifiche non abbiamo ottenuto nulla”. Solo dopo la visita a Pechino del direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Gebreyesus (nella foto), il 28 gennaio scorso, la Cina accettò l’invio di una squadra dell’Oms per un’ispezione e solo il 30 gennaio scorso, l’Oms dichiarò l’emergenza sanitaria internazionale, esprimendo “rispetto e gratitudine” verso la Cina per l’impegno “incredibile” nel limitare la diffusione del nuovo coronavirus.

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