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giovedì, 28 Marzo, 2024
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La deriva autoritaria della Russia di Putin figlia delle “teorie” del filosofo Ivan Ilyin…di Claudio Cavaliere*

L’errore che generalmente facciamo quando siamo testimoni di fatti apparentemente inspiegabili alla logica è quello di guardare ai responsabili come a dei mentecatti, portatori di personali paranoie e quindi imprevedibili nelle loro azioni impedendoci così di capire le radici profonde degli accadimenti e con essi guardare ai possibili rimedi.

Dietro a quanto sta avvenendo in Ucraina invece c’è la presenza di una ideologia, di una visione che sta alla base delle fondamenta teoriche del regime putiniano che è bene conoscere e su cui riflettere.
Nel 2018 lo storico statunitense Timothy Snyder ha pubblicato ‘La Paura e la Ragione’ un prezioso (oggi) quanto importante libro per comprendere le malattie che stanno infettando il mondo Occidentale.
E’ un libro che mette letteralmente paura per le connessioni e correlazioni che riesce ad intrecciare tra accadimenti apparentemente indipendenti e per la capacità di analizzare in dettaglio l’attacco portato al mondo liberale dal Cremlino.
Una gran parte del libro lo storico dell’Università di Yale lo dedica proprio al capitolo del conflitto Russo-Ucraino, area dell’Europa che conosce bene per avere dato alle stampe due splendidi volumi, ‘Terre di sangue – L’Europa nella morsa di Hitler e Stalin’ e successivamente ‘Terra Nera – L’olocausto tra storia e presente’.
Snyder dimostra come la base ideologica del regime putiniano peschi a piene mani nel pensiero di Ivan Ilyin (foto sotto), filosofo di fine Ottocento teorico del fascismo cristiano.

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Agli inizi degli Anni Duemila Ilyin, morto in Svizzera nel 1954 in oblio, viene rispolverato dal Cremlino alla ricerca di un ideologo di riferimento. A Mosca si ristampano le sue opere e le sue idee conquistano nuovi e potenti sostenitori. Nell’ottobre del 2005 Putin – che già aveva iniziato a citare Ilyin nei suoi discorsi annuali alla Duma, e a lui si riferirà anche nel 2014 per giustificare la prima guerra del Donbass – organizza la traslazione delle spoglie dalla Svizzera e la risepoltura presso un monastero di Mosca.
Come Marx, Ilyin si rifà all’impianto filosofico hegeliano, offrendone però una lettura di destra. Secondo Ilyin la patria di Dio era la Russia. La Russia era da tutelare a tutti i costi perché era l’unico territorio da cui sarebbe potuta iniziare la ricostruzione della totalità divina. Una ricostruzione che sarebbe avvenuta “grazie al miracolo compiuto dal redentore”. Nonostante Ilyin fosse antibolscevico e ammirasse Hitler, il suo pensiero era molto simile nelle sue implicazioni pratiche a quello di Stalin. Non stupisce dunque che la Russia attuale, che lo elegge a suo ideologo, è lo stesso Paese che riscrive i libri di storia riabilitando il culto di Stalin.
Nella visione di Ilyin la parentesi comunista vissuta dalla Russia era il frutto della corruzione proveniente dall’Occidente perché il comunismo era stato imposto alla Russia dall’esterno. La Russia è innocente e “la purezza di questa visione è più importante di qualunque cosa i russi abbiano effettivamente fatto”.

E dal momento che la Russia è l’unica fonte di totalità divina e di purezza, l’uomo spuntato dal nulla, che i russi riconosceranno come il redentore, potrà muovere guerra a chi minaccia i successi spirituali della nazione. La fantasia di una Russia innocente in eterno che comprende la fantasia di un redentore innocente in eterno torna utile al regime cleptocratico di Putin che la sfrutta opportunisticamente per coprire una realtà fatta di ingiustizie sociali, soprusi e incapacità di evoluzione in senso democratico.
L’anno di svolta della Russia coincide con il biennio 2011-2012 quando Putin, gettando discredito sulle elezioni democratiche, indossa il mantello dell’eroico redentore. A partire dalle elezioni del 2012, la Federazione Russa, nata nel 1991 come una repubblica costituzionale, legittimata dalla democrazia, dove il presidente e il parlamento sarebbero stati scelti attraverso elezioni libere, abdica al principio di successione. Putin spinge alle estreme conseguenze il concetto di “democrazia gestita”. Le elezioni, non sono più un mezzo per esprimere la volontà dei cittadini ma diventano, proprio come teorizzato da Ilyin, solo un rituale. Per il filosofo fascista la Russia avrebbe dovuto essere uno Stato apartitico, redento da un solo uomo e i partiti semplicemente dei simulacri utili unicamente per ritualizzare le elezioni.

Quando nel marzo 2012 a Mosca si svolgono manifestazioni di piazza per protestare contro i brogli alle elezioni presidenziali, Putin decide in uno primo tempo di associare l’opposizione democratica alla sodomia globale (il tema verrà ripreso ai tempi del Maidan di Kiev dipingendo l’Accordo di Associazione Economica dell’Ucraina con la UE come un tentativo, da parte della Gayropa, ossia dell’Europa dei gay, di minare i valori cristiani in Ucraina), in una seconda fase afferma che i contestatori sono al servizio di una potenza straniera, ossia degli Stati Uniti.
Ovviamente il Cremlino non produce alcuna prova, del resto non è quello il punto piuttosto, scrive Snyder, “inventare una storia sull’influenza straniera e usarla per cambiare la politica interna”. Putin decide di scegliersi il nemico che meglio si adatta alle sue necessità di leader, non quello che minaccia realmente il suo paese.
La presentazione degli Stati Uniti e della UE come nemici sarebbe diventata la premessa della politica russa, dopo che “Putin aveva ridotto lo Stato russo al proprio clan oligarchico e al suo momento presente”. Con il ritorno di Putin alla presidenza nel 2012 la Russia si trasforma in uno stato fascista. La diffamazione diventa un illecito penale, il Patriarcato Ortodosso di Mosca si allea con il Cremlino divenendo a tutti gli effetti un suo braccio armato, comincia la persecuzione delle organizzazioni non governative, si glorificano carnefici del passato come Felix Dzerzinskij, fondatore della Cheka, si distruggono gli archivi di Memorial, centro che aveva documentato le sofferenze dei cittadini sovietici ai tempi di Stalin.

In un articolo del 23 gennaio 2012 Putin abolisce i confini legali della Federazione Russa e descrive la Russia non come uno Stato ma come una condizione spirituale gettando di fatto le basi per la ‘giustificazione teorica’ della guerra in Ucraina di due anni più tardi. Vladimir Putin si erge dunque a redentore ilyiniano che emerge da oltre i confini della storia e incarna misticamente il passato millenario russo.
Il modello da contrapporre all’Occidente corrotto e all’Unione Europea governata da gay, pervertiti e lobby ebraiche è l’Eurasia ossia un impero che si estende da Vladivostok fino a Lisbona con capitale Mosca. Snyder dedica diverse pagine all’eurasiatismo degli anni Venti per giungere al rilancio di oggi, all’Eurasia proposta negli anni Duemiladieci da Aleksander Dugin e dall’Izborsk Club, un club fondato dallo scrittore fascista Prokhanov, un’Eurasia fondata su due concetti: la corruzione dell’Occidente e la malvagità degli ebrei.
Snyder sottolinea come Dugin, personaggio molto amato negli ambienti dell’estrema destra europea e divenuto uno degli ideologi e spin doctors del Cremlino, che nei primi Anni Novanta scriveva usando lo pseudonimo Sievers, scelto per richiamarsi a Wolfram Sievers, un nazista tedesco famoso per la sua collezione di ossa di ebrei assassinati”, dopo aver perorato la causa di “un fascismo rosso e senza confini”, dovendosi confrontare con il successo dell’Unione Europea, inizia a parlare di “un’Eurasia che avrebbe dovuto includere l’Ucraina come elemento della civiltà russa”. L’ucrainofobia, l’antisemitismo e l’odio per l’Occidente lo portano a fondare nel 2005 un movimento giovanile, sostenuto dallo Stato, i cui membri chiedono la disgregazione e la russificazione dell’Ucraina.

Nove anni più tardi Dugin sarà tra i massimi sostenitori dell’intervento russo in Donbas e sarà proprio lui a fabbricare la fake news secondo cui l’esercito ucraino avrebbe crocifisso un bambino nella città di Slovyansk.
Con l’occupazione della Crimea e la guerra in Donbas caldeggiate da Dugin e dal circolo fascista di Prokhanov la Russia di Putin inaugura una nuova era nella sua storia quella dello schizofascismo. Scrive acutamente Snyder come la ‘primavera russa’ abbia portato alla ribalta “una nuova varietà di fascismo, che si potrebbe chiamare schizofascismo: i veri fascisti che chiamano «fascisti» gli avversari, accusando gli ebrei dell’Olocausto e usando la Seconda guerra mondiale per giustificare ulteriori violenze”.
Putin arrivò a definire fascisti gli ucraini che si opponevano all’invasione del Donbas. Esattamente come ha fatto nuovamente ora. La politica estera russa del 2014 era molto simile a quella praticata da Hitler e da Stalin negli Anni Trenta. Per giustificare l’invasione dell’Ucraina il ministro degli Esteri russo Lavrov “ribadì il principio secondo cui uno Stato poteva intervenire per proteggere chiunque considerasse un rappresentante della propria cultura”. Ossia la stessa argomentazione usata da Hitler per annettere l’Austria, per dividere la Cecoslovacchia e per invadere la Polonia nel 1938 e nel 1939, e la stessa usata da Stalin per invadere la Polonia nel 1939 e annettere i Paesi Baltici nel 1940.

L’incapacità del principale Paese dell’ex blocco sovietico, la Russia, di intraprendere un percorso di riforme economiche, politiche e sociali, ossia l’incapacità di sviluppare una vera democrazia, ha spinto il Cremlino, scrive Snyder, a inaugurare una politica dell’eternità. “Mentre l’inevitabilità promette un futuro migliore per tutti nella ripetizione del ciclo inevitabile e senza storia mercato-democrazia-felicità, l’eternità colloca una nazione al centro di un racconto ciclico di vittimizzazione. Il tempo non è più una linea verso il futuro, bensì un ciclo che riproduce senza fine le minacce del passato”. Da qui il richiamo al nazismo e i carri armati che sventolano la bandiera rossa.
Per Snyder l’unico modo per difendere il mondo libero e pluralista dalle minacce esterne è rigettare l’idea che l’eternità e l’inevitabilità siano la storia e riappropriarsi della verità.

* Sociologo e scrittore

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