Continuano a restare senza risposte le domande sulle eventuali responsabilità, oltre che degli scafisti, anche nella macchina dei soccorsi per il tragico naufragio di Cutro (KR). Oggi ‘La Repubblica’ in esclusiva pubblica alcuni documenti che potrebbero aprire nuovi scenari. “Monitorare il barcone, soccorso solo in caso di pericolo imminente“: questa direttiva firmata nel 2005 dall’allora ministro dell’Interno Pisanu è stata riesumata dal ministro Salvini a marzo 2019. Fino ad allora la Guardia costiera effettuava salvataggi in piena autonomia applicando sempre le regole Sar. “Attenersi scrupolosamente alle indicazioni operative al fine di prevenire l’ingresso illegale di immigrati sul territorio nazionale”- reciterebbe il documento. Si tratta delle stesse indicazioni che a caldo, all’indomani della tragedia di Cutro del 26 febbraio scorso, ha parlato il comandante della Capitaneria di Porto di Crotone Vittorio Aloi (leggi sotto) per giustificare il mancato intervento dei mezzi della Guardia costiera in soccorso del barcone naufragato sulla secca di Cutro (79 vittime e un numero ancora imprecisato di dispersi).
Sono le regole, dettate dal dipartimento della Pubblica sicurezza del ministero dell’Interno, che normano – con estrema precisione – caso per caso chi e come deve intervenire quando viene segnalata un’imbarcazione di migranti. E, nella fattispecie di Cutro, sono le regole che – applicate rigidamente come da richiamo della direttiva interministeriale firmata da Matteo Salvini a marzo 2019 – hanno da subito messo nelle mani della Guardia di finanza il pallino di quella che è stata immediatamente catalogata come operazione di polizia (law enforcement) legando invece le mani della Guardia costiera che, proprio da queste regole di ingaggio, è chiamata a intervenire con un’operazione di soccorso solo se si apre un evento Sar. Come prescrive la cosiddetta seconda situazione operativa che scatta quando “le condizioni meteomarine pongono in serio ed immediato pericolo di vita gli occupanti del natante.”
Ecco dunque, perché, la notte tra il 25 e il 26 febbraio le potenti motovedette della Guardia costiera in dotazione alle capitanerie di Crotone e di Reggio Calabria rimasero in porto. Semplicemente perché, di fronte ad una segnalazione come quella inoltrata dall’aereo Eagle 1 di Frontex di un natante in “buone condizioni di navigabilità”, le regole di ingaggio decise dal ministero dell’Interno prevedono che debba scattare un’operazione di polizia e non di soccorso.
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