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lunedì, 6 Maggio, 2024
HomeAttualità"Xenia": Intercettazione "silenziata" dalla Procura potrebbe cambiare sorte processo per Mimmo Lucano

“Xenia”: Intercettazione “silenziata” dalla Procura potrebbe cambiare sorte processo per Mimmo Lucano

I giudici della Corte d’Appello di Reggio Calabria hanno disposto l’acquisizione di una intercettazione ambientale, registrata nel 2017, che potrebbe dare qualche speranza a Mimmo Lucano. Ma andiamo con ordine.

E’ notizia di oggi che gli avvocati Giuliano Pisapia e Andrea D’acqua, difensori di Lucano, hanno depositato una conversazione con un ispettore della prefettura che proverebbe “l’insussistenza di metà processo”. «L’amministrazione dello Stato non vuole il racconto della realtà di Riace…oggi la mission dello Stato, lo Stato è composto…come qua da voi. C’è l’opposizione»….diceva, intercettato a Riace, un ispettore della prefettura, Salvatore Del Giglio. E ancora: «Vi doveste aspettare, perché non è improbabile, che un domani verranno la Guardia di Finanza…». L’intercettazione ambientale, secondo i difensori, era stata “silenziata” e non utilizzata dalla Procura di Locri nell’istruttori di primo grado. Ora invece entrerà nell’appello: «Sono soddisfatto – commenta Lucano al Corriere della Sera – non voglio puntare a uno sconto della pena, io voglio l’assoluzione».

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L’ex Sindaco di Riace fu accusato di associazione a delinquere, truffa, concussione, falsità ideologica e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina nell’Ottobre 2017. Posto ai domiciliari esattamente dopo un anno, per aver progettato nel 2017 di far ottenere la cittadinanza italiana ad una donna nigeriana senza permesso di soggiorno, attraverso un matrimonio combinato, ma poi non avvenuto, il tribunale del riesame revoca i domiciliari ma sancisce il divieto di dimora a Riace. Era il 26 febbraio 2019 quando la Cassazione annulla anche il divieto di dimora. 

L’11 aprile 2019 Lucano viene rinviato a giudizio per abuso d’ufficio e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il 12 aprile 2019 viene iscritto nel registro degli indagati insieme ad altre nove persone per truffa e falso in relazione alla gestione dei migranti a Riace. Nel dicembre 2019 riceve un ulteriore avviso di garanzia per il rilascio di una carta d’identità ad una giovane madre eritrea e al figlio neonato privi di permesso di soggiorno e un ulteriore avviso di garanzia per aver attestato la conformità di tre appartamenti assegnati a migranti, ma in realtà privi di certificati di collaudo statico e di abitabilità. Nel settembre 2021 il Tribunale di Locri lo condanna in 1° grado alla pena di 13 anni e 2 mesi di reclusione per i reati di truffa, peculato, falso e abuso d’ufficio, appesantiti dall’aver “costituito un’associazione per delinquere che aveva lo scopo di commettere un numero indeterminato di delitti contro la Pubblica Amministrazione” in concorso con la compagna Tesfahun Lemlem (condannata a 4 anni e 4 mesi nell’ambito del medesimo procedimento) e vari prestanome.

 

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