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venerdì, 20 Giugno, 2025
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X rapporto di Save the Children “Le Equilibriste”: madri italiane, sempre più sole e penalizzate

A pochi giorni dalla Festa della mamma – la seconda domenica di maggio -, arriva il X rapporto di Save the Children che fotografa la maternità in Italia nel 2025: “Le Equilibriste“. Un bilancio delle sfide e degli infiniti equilibrismi, appunto, che le donne in Italia devono affrontare quando scelgono di diventare mamme, accompagnato dai dati sulla maternità nel nostro Paese. Diseguaglianze di genere nel mondo del lavoro, sbilanciamento tra carichi di cura e vita professionale a sfavore delle donne, insufficienza o assenza dei servizi per la prima infanzia: questi i fattori che condizionano la vita e il benessere delle madri. «Non sorprende se la natalità tocca il minimo storico con solo 1,18 figli per donna e che il 20% delle donne smette di lavorare dopo essere diventata madre», osservano da Save the Children. Lo dimostra il nuovo record negativo delle nascite nel 2024, con soli 370mila nuovi nati: una flessione del 2,6% rispetto all’anno precedente.

La classifica delle regioni “mother friendly” elaborata dall’Istat – l’Indice delle Madri – vede ai primi posti la Provincia autonoma di Bolzano, l’Emilia-Romagna e la Toscana. All’ultimo posto la Basilicata, preceduta da Campania, Puglia e Calabria. Allargando lo sguardo oltre confine però su 146 Paesi nel mondo, l’Italia occupa il 96° posto per partecipazione femminile al mondo del lavoro. Se guardiamo invece il dato sul gender gap retributivo, ci troviamo alla 95ª posizione.

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Tenuta delle Grazie 13_6_2024

In Italia, insomma, «le madri sono sempre più sole e penalizzate». Specie le mamme single: basti pensare che, tra quelle fra i 25 e i 34 anni, poco più di 1 su 2 lavora, rientrando quindi tra le categorie più a rischio di povertà. Più in generale, comunque, nel 2024 il divario occupazionale tra padri e madri con almeno un figlio minore è di quasi 29 punti percentuali. Significativi anche i dati sul divario salariale a sfavore delle donne, che preludono a una penalità ancora più netta quando queste decidono di mettere al mondo un figlio: la “child penalty”. Il 77,8% degli uomini senza figli è occupato, ma la percentuale sale al 91,5% tra i padri (92,1% per chi ha un figlio minore e 91,8% per chi ne ha due o più). Per le donne la situazione è molto diversa: lavora il 68,9% tra quelle senza figli, ma la quota scende al 62,3% tra le madri (65,6% per chi ha un figlio minore e 60,1% con due o più). Vale a dire che mentre gli uomini con figli sono più presenti nel mercato del lavoro degli uomini senza figli, per le donne avere figli è associato a una minore occupazione lavorativa, tanto che 20 su 100 smettono di lavorare dopo essere diventate madri.

Sono comunque le mamme single a incontrare ancora più difficoltà. Negli anni, i nuclei monogenitoriali, cioè le famiglie composte da un solo genitore con figli, sono passati da circa 2 milioni 650mila nel 2011 a oltre 3 milioni 800mila nel 2021, segnando un incremento del 44%. Una tendenza opposta rispetto alle coppie con figli che, al contrario, sono calate nel tempo. Il 77,6% delle famiglie monogenitoriali è costituito da madri sole con i propri figli. Si stima, inoltre, che le madri sole saranno 2,3 milioni nel 2043. Attualmente sono una delle tipologie familiari più esposte al rischio di povertà.

«Servono politiche strutturali, integrate e durature che garantiscano risorse e strumenti per sostenere le famiglie nella cura dei figli e nella conciliazione tra vita privata e professionale – commenta Giorgia D’Errico, direttrice Affari pubblici e Relazioni istituzionali di Save the Children -. È fondamentale, ad esempio, garantire a tutti i bambini e le bambine l’accesso ai servizi educativi per l’infanzia, ampliando l’offerta in tutti i territori e assicurandone la sostenibilità nel lungo periodo, ed estendere la durata dei congedi di paternità, incentivandone l’utilizzo e riconoscendo il valore sociale della cura anche per i padri, in una logica di corresponsabilità. Solo così potremo costruire un futuro in cui la genitorialità, il lavoro e la vita privata non siano in conflitto, ma possano coesistere come parte di un progetto di benessere individuale e collettivo».

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