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martedì, 7 Maggio, 2024
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Unilavoro pmi Catanzaro: Discriminazione seriale di genere, una tra le problematiche più importanti

Il Global Gender Gap, introdotto nel forum economico del 2006, – è scritto in una nota – fornisce un quadro sempre più incisivo sull’ampiezza e la portata del divario di genere in tutto il mondo, fissando, per ogni nazione, uno standard del divario di genere, basandosi su criteri economici, politici, culturali.

La parità di genere è fondamentale per stabilire se e come prosperano le economie e le società.

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Il global Gender Gap Report – prosegue la nota – mette a confronto 153 paesi considerando i loro progressi verso la parità di genere nei settori della politica, dell’economia, dell’istruzione e della salute.

“Stando al Global Gender Gap Report del WEF – evidenzia Sebastiano Guzzi, Vice Presidente Nazionale Unilavoro Pmi – non siamo sicuramente un paese all’avanguardia: l’indice italiano (70,7%) è poco al di sopra della media (68,6%), ma ci posizioniamo al 76° posto nel ranking globale. La situazione complessiva dell’Italia, si legge, vede nel 2020 un peggioramento rispetto all’anno precedente, avendo l’Italia perso 6 posizioni in classifica”.

“Se prendiamo a riferimento l’area relativa all’Europa Occidentale – continua Guzzi – siamo al diciassettesimo posto su 20 Paesi, davanti solamente a Grecia, Malta e Cipro. Approfondendo il livello di analisi, si può osservare come, di fatto, nel nostro paese si sia raggiunta la sostanziale parità negli Global Gender Gap Index – Italian Radar Fonte: World Economic Forum – Global Gender Gap Report 2020 ambiti della tutela della salute e dell’istruzione”.

“La situazione – fa rilevare ancora Guzzi – è invece preoccupante per la partecipazione e le opportunità economiche, con un gap da recuperare di oltre il 40%, e addirittura disastrosa per la valorizzazione politica, dove la distanza da colmare è di poco superiore al 73%!”.

La questione del gap salariale – si legge ancora nella nota – non è sfuggita al Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa che, chiamato ad esprimersi sul reclamo presentato dall’ONG University Women of Europe, si è pronunciato con una condanna all’Italia (insieme ad altri 11 Paesi) per aver violato i diritti delle donne, non garantendo innanzitutto la trasparenza retributiva; e, in secondo luogo, per non aver raccolto dati statistici significativi sulla retribuzione, portando quindi progressi misurabili non sufficienti nella promozione delle pari opportunità tra uomini e donne in relazione alla parità retributiva.

In Italia, stando ai dati ISTAT, a livello occupazionale – rileva la nota – resta ancora un divario considerevole fra uomini e donne: in un Paese in cui queste ultime sono oltre 1,59 milioni in più dei primi, c’è una differenza di circa 3,6 milioni di occupati in meno di sesso femminile. Ciò si traduce in un tasso di occupazione molto più basso per le femmine rispetto ai maschi: 50,1% vs 68,0%. Secondo il Censis, il nostro paese è addirittura ultimo in Europa per tasso di occupazione delle donne 9, mentre l’OECD ci posiziona al 7° posto nel mondo e al 3° in Europa in quanto a tasso di disoccupazione femminile più alto.

Costanza Hermanin, fondatrice della scuola Prime Donne, e fellow dell’Istituto Universiario Europeo, in occasione dell’Equal Pay Day – riprende Guzzi – come la “differenza media tra salari maschili e salari femminili, nell’Unione Europea sia del 16% il che corrisponde, per le donne, a circa due mesi di lavoro non retribuito”.

“Le disparità di remunerazione tra uomini e donne – afferma ancora – non è solo un problema di giustizia sociale, ma anche un ostacolo per la crescita economica dell’intera comunità. Secondo uno studio della Banca d’Italia, infatti, il PIL italiano potrebbe crescere di oltre mezzo punto l’anno solo grazie alla parità salariale e di 7 punti se venisse dimezzato anche il divario di genere nel tasso d’impiego”.

“L’emergenza Covid – spiega Guzzi, – ha amplificato la disparità tra lavoratrici e lavoratori, con una disoccupazione femminile che in pochi mesi risulta più che triplicata rispetto a quella che interessa gli uomini. Le conseguenze della pandemia hanno acuito le disuguaglianze, in particolar modo quelle di genere, e messo in luce come le situazioni precarie siano diventate ancora più evidenti e più fragil”i.

“La stessa Commissione europea – evidenzia Guzzi – ha rilevato che la mancanza di progressi nel colmare il divario retributivo di genere è dovuta a “varie disuguaglianze” che le donne continuano a dover affrontare nell’accesso ai premi professionali, alla progressione o al lavoro stesso, come effetto degli stereotipi, nonostante oggi siano in media più istruite degli uomini”.

“Noi – conclude Guzzi – speriamo che possano essere superate tutte le impasse che rendono difficile il progresso delle donne nel mondo del lavoro, e soprattutto quegli stereotipi, fortemente radicati, che collocano il ruolo delle donne in dimensioni e contesti differenti, vincolandone, di fatto, le potenzialità, il valore, i meriti e la professionalità”.

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