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sabato, 20 Aprile, 2024
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“Ultimo valzer” per lo storico teatro cosentino, che non riesce più a pagare l’affitto dell’immobile

Per il Teatro dell’Acquario è il canto del cigno, anzi l’ultimo valzer, citando il mitico documentario di Martin Scorsese dove si celebrava l’esibizione conclusiva del gruppo di all star “The Band”. Come in quel film, il Centro Rat, che ha fondato il teatro cosentino d’avanguardia e ne porta avanti le attività da quasi quarant’anni, annuncia che la storica sede dell’Acquario sta per chiudere i battenti dopo l’ennesima procedura di sfratto per morosità. In via Galluppi con il fiato sul collo della crisi del settore dello spettacolo, i mesi di affitto non pagati sono ormai diciotto: «Per quanto la resistenza sia la caratteristica principale del teatrante – si legge sulla pagina Facebook del teatro –  i proprietari degli immobili richiedono una regolarità che dopo un anno e mezzo è diventata insostenibile. I ristori e i contributi ricevuti in emergenza e assegnatici dagli Enti pubblici, per quanto funzionali, non sono sufficienti a superare indenni diciotto mesi di affitto a vuoto».

Si è lottato con le unghie e con i denti, affrontando la difficile ripartenza dopo il lockdown, ma adesso all’Acquario gestori e maestranze si sentono costretti a calare il sipario. «Proveremo – continua il post – a far fronte a questa emergenza e stiamo, da mesi, trattando con il proprietario ma rimane il fatto che, in questo scenario di incertezza, presente e futura, è molto complicato gestire economicamente un Teatro la cui platea non sia a pieno regime; le restrizioni e le normative anti Covid e la legittima rivendicazione dei proprietari degli immobili, sono fattori che, in questo momento, ci inducono a ritenere che le circostanze per proseguire il nostro lavoro nella quarantennale sede di Via Galluppi siano assolutamente avverse».

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Insomma, si chiude davvero. Una notizia amara per la città di Cosenza e il teatro calabrese, di cui il palcoscenico di via Galluppi non soltanto è da decenni un punto di riferimento per ricerca e formazione, ma è diventato la casa culturale della comunità cittadina. E fa male anche il malinconico riferimento all’ultimo valzer, che nel caso dell’Acquario sarà la conclusione degli eventi programmati nei prossimi mesi (la stagione accademica 202/21, la rassegna per ragazzi e alcune delle nuove produzioni) prima di accomiatarsi dal pubblico. «Medieremo, per quello che sarà possibile, per poter adempiere agli impegni già presi con le nostre attività presso il Teatro dell’Acquario. Finché sarà possibile svolgeremo la nostra funzione in quest’ultimo giro di valzer. Dopodiché, la strada da percorrere sarà di trasferire le attività in luoghi più sostenibili, che siano di enti pubblici o no, che siano in esclusiva o in condivisione con altri operatori, con l’obiettivo di ottimizzare le risorse disponibili e fare rete». L’appello agli spettatori è una stretta al cuore: «Vorremmo che questi prossimi mesi siano l’occasione per ritrovarci ancora una volta e ripartire insieme proprio nel luogo che per quarant’anni è stato il Teatro di tutti, perché i contenuti in fondo hanno solo bisogno di un contenitore e anche se chiudere un teatro è una perdita enorme per la comunità, il “fare teatro” trova sempre il modo di inventare nuove forme e abitare nuove case».

Già negli scorsi anni l’Acquario ha vissuto questa emergenza, suscitando mobilitazioni collettive nella città dei Bruzi e salvandosi in extremis grazie all’intervento delle istituzioni – e anche stavolta si è aperto il dialogo con il sindaco Mario Occhiuto, i dirigenti comunali del settore cultura, il presidente della Provincia Franco Iacucci e soggetti privati, per trovare insieme una soluzione. E’ però forte ormai la consapevolezza che si tratterebbe soltanto di rimedi temporanei: «Anche se il problema si risolvesse è necessario un altro spazio adatto alle circostanze; ora più che mai è tempo di ragionare sul futuro del Teatro e sulle politiche culturali del nostro territorio. Come sempre, siamo pronti ad ascoltare, a confrontarci, a riflettere insieme, con chiunque ritenga di voler partecipare attivamente alla difesa di un bene comune».

Tanti i messaggi di solidarietà sotto il post da parte dei tanti fruitori dell’offerta culturale dell’Acquario ma anche di addetti ai lavori. L’attore Ernesto Orrico commenta: «Non voglio ancora disperare, magari si troverà un modo per salvare la sala di Via Galluppi o forse ci ritroveremo da qualche altra parte e il Teatro dell’Acquario ancora vivrà… Certo quello spazio resta il teatro perfetto per allestire e per fruire uno spettacolo del teatro che più mi piace… Il mio è un punto di vista troppo emotivo? Molti colleghi che lì hanno lavorato capiranno». Orrico ragiona poi su un piano generale, ricordando il male endemico calabrese che riguarda il teatro: «Il nostro territorio è pieno di strutture teatrali pubbliche scarsamente o totalmente inutilizzate, se ci fossero amministratori minimamente decenti questa situazione si potrebbe risolvere in tempi brevi. Ma è vero pure che siamo la regione senza un teatro pubblico, la regione dove i bandi escono, vengono ritirati, poi escono di nuovo e certe volte non tornano più. Qualcuno sa, per esempio, che fine hanno fatto i bandi regionali sulla Distribuzione Teatrale e sui Progetti Speciali? Intanto questa è un’altra estate di resistenza, l’autunno è un orizzonte sconosciuto e l’inverno potrebbe essere del definitivo scontento».

All’Acquario oggi si vive un crepuscolo triste ma sereno. Ineluttabile ma non di resa. Il motto dei prossimi mesi arriva da Samuel Beckett: “Forse i miei migliori anni sono andati ma non voglio tornare indietro. Non con il fuoco che mi brucia dentro adesso”. Che quegli anni siano finiti non lo crede nessuno. Per il teatro dell’Acquario non può essere la scena dell’ultimo valzer, questa storia non deve finire qui.

Isabella Marchiolo

 

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