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mercoledì, 24 Aprile, 2024
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Tra green pass, dad e studenti poco motivati allo studio a scuola, cresce l’interesse per l’alternativa dell’istruzione parentale

Tra i precursori dell’istruzione parentale c’è nientemeno che la madre di Thomas Edison. Come raccontò lo stesso inventore, gli insegnanti lo avevano rifiutato perché a loro avviso aveva un ritardo mentale troppo grave per frequentare la scuola, consigliando come alternativa di ripiego lo studio a casa. La signora Edison fece però credere al figlio che a scuola non poteva andarci perché era un genio e non all’altezza degli stessi maestri. Così lo educò a diventare uno dei personaggi più importanti della storia.

L’homeschooling è una modalità di educazione implicitamente riconosciuta dalla nostra Costituzione, che negli articoli 30, 33 e 34 non cita nessun obbligo scolastico in senso stretto ma solo di istruzione, lasciando ai genitori la facoltà di scegliere il metodo più adatto per far studiare i figli. E se fino a qualche anno fa nel nostro paese (all’estero è un metodo molto diffuso – per dare qualche cifra, lo seguono 70.000 famiglie in Gran Bretagna e 5 milioni negli Usa) si trattava di un’idea rivoluzionaria a cui aderivano famiglie considerate “sui generis”, dopo l’inizio della pandemia e l’utilizzo della Dad questa soluzione educativa indoor sta convincendo un numero crescente di genitori.

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In quest’anno scolastico che si apre tra tensioni e incertezze, c’è pure un motivo in più: molti docenti che hanno deciso di non vaccinarsi e non vogliono subire mesi di tamponi, controlli e spese extra, stanno valutando la possibilità di abbandonare l’insegnamento statale per lavorare in gruppi di educazione parentale.

In Italia esiste un’unica attività strutturata di homeschooling, ed è la cooperativa Oltrescuola di Rosalba Bratta a Putignano. Avviata nel 2017 con creatività, passione e spirito di avventura, è passata da un’utenza di 7 bambini agli attuali 70 allievi. Con il motto “liberi di imparare” si studia, si gioca e si socializza tra libri, informatica ma anche spazi aperti, rigorosamente “fuori classe”. In questa scuola bilingue i ragazzi seguono i programmi ministeriali (la legge prevede infatti che i Comuni e i dirigenti scolastici controllino periodicamente che l’istruzione parentale venga effettivamente impartita) ma attraverso una metodologia di metacognizione volta a motivare l’allievo verso l’apprendimento. Rosalba Bratta, pedagogista clinico e formatrice, spiega: «Il vero problema degli studenti è che mancano di motivazione verso lo studio e la cultura. Noi lavoriamo su questo, i genitori ci affidano i figli nel loro pieno diritto costituzionale di decidere liberamente quale tipo di istruzione vogliono per i loro ragazzi».

Sull’avvicinamento delle famiglie a questa modalità educativa nel periodo particolare del Covid, Bratta precisa: «Non è corretto dire che l’istruzione parentale sia oggi vista come una via di fuga in un momento difficile della scuola. Certo è innegabile che la Dad e i disagi degli ultimi due anni abbiano messo molti genitori in condizione di vedere da vicino come funziona l’istruzione scolastica e di trarre qualche conclusione. Ma questo avveniva anche prima e molti genitori ne avevano già preso coscienza da tempo, scegliendo l’homeschooling come percorso secondo loro più valido per i figli. Noi stessi soci della cooperativa siamo persone che hanno lasciato il posto fisso credendo in questo tipo di lavoro».

Non è una bolla chiusa al mondo, tutt’altro. Oltrescuola opera in sinergia con il territorio, ad esempio con una convenzione con i servizi sociali che ha permesso di prendere in carico un allievo a rischio di dispersione scolastica. E presto sarà attivato un progetto con l’Università di Bari, che monitorerà i risultati ottenuti dagli studenti comparandoli con quelli dello stesso grado ed età che frequentano la scuola statale. L’obiettivo è ottenere il riconoscimento della sperimentazione del metodo e diventare una scuola certificata dalla legge. Questo cambierebbe molte cose, ad esempio dando la possibilità di effettuare in autonomia gli esami per i diplomi, che oggi gli allievi svolgono da esterni.

Ma se una mamma volesse fare da sola? Se non si è tenaci e coraggiosi come la madre di Thomas Edison ma soltanto istruiti, è davvero possibile far studiare i propri figli ottenendo una scolarizzazione reale e completa anche tra le mura di casa? La life coach Erika Di Martino lo ha fatto benissimo con i suoi cinque ragazzi, mai andati a scuola. Laureata in lingue ed ex insegnante, oggi supporta chi vuole avvicinarsi a questa esperienza ed è punto di riferimento italiano dell’homeschooling attraverso il network www.edupar.org.

«Si può fare, certo – conferma Rosalba Bratta – ma oltre a un livello culturale adeguato il genitore deve anche possedere il giusto distacco emotivo, necessario a farsi percepire dal figlio, in quell’attività, come un maestro».

Insomma, come in ogni buona pratica innovativa uno spazio libero all’apprendimento autentico, ma anche autorevolezza e zero indulgenza a capricci e distrazioni.

Isabella Marchiolo

 

 

 

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