Nel buio e nella burrasca, sul barcone scosso dalle onde alte metri, aveva riconosciuto la terra: “Amore, vedo le coste, stiamo quasi arrivando. Ti amo”. Sono le 4 del mattino di domenica quando la giovane tunisina Swar Zrebi chiama il marito, siriano, per annunciargli, felice, che sta quasi per arrivare a Crotone. Lui, al telefono in Germania, è molto contento. Finalmente si rivedranno dopo anni. Ma poi cade la linea e il telefono si spegnerà per sempre.
Il marito, ignaro di tutto, inizia a guardare la tv e scopre che c’è stato un naufragio proprio a Crotone. Così prende il primo aereo e dalla Germania si precipita a Crotone. Qui si presenta al Cara di Capo Rizzuto e chiede della moglie tunisina. Darà il nome e il cognome ma non è tra i superstiti presenti. La moglie risulta tra i dispersi del naufragio. Poi la terribile notizia: la moglie è tra le vittime del naufragio. Al marito, siriano, cade il mondo addosso. A raccontare all’agenzia Adnkronos questa storia drammatica è Ignazio Mangione, direttore del Cara di Isola di Capo Rizzuto che ha raccolto la testimonianza dell’uomo.
“E’ stato davvero straziante – racconta Mangione – dire a quell’uomo che la moglie non era presente e che risultava prima tra i dispersi e poi tra le vittime”. “Raccogliendo le testimonianze dei superstiti è risultato che tra le vittime c’era una giovane tunisina, poi è arrivato un uomo siriano alla ricerca della moglie. Era stato all’ospedale. Noi gli abbiamo chiesto come si chiamasse la moglie e, purtroppo, i dati corrispondevano. Così con l’aiuto di una psicologa gli abbiamo detto che la moglie era tra i dispersi”, racconta ancora Mangione all’Adnkronos. “Ancora ricordo il suo volto quando gli abbiamo detto che era tra i dispersi, lui ci guardava sorridente perché pensava che gli stessimo dicendo che l’avevamo trovata. Invece gli abbiamo dovuto dire che la moglie era morta nel naufragio”.