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sabato, 20 Aprile, 2024
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Ripepi si difende dai media “sacerdoti della menzogna”, sui quali vuole scrivere un libro

Non sono mai stati facili i rapporti tra i media Massimo Ripepi, consigliere comunale reggino e guida spirituale della comunità cristiana “Pace” di Catona. Così la recente associazione del proprio nome a una vicenda di pedofilia (dopo le dichiarazioni della madre di una bambina abusata in un atto giudiziario) accende l’invettiva di papà Ripepi – così lo chiamano i devoti della sua chiesa – contro quei giornalisti “sacerdoti della menzogna” che per l’ennesima volta lo avrebbero diffamato con modalità da “giustizialisti assetati di sangue”.

L’ira funesta di Massimo Ripepi esplode dopo la condanna a 7 anni di carcere di un impiegato 58enne per molestie sessuali su una minore a Reggio, reato denunciato dalla madre della bambina, che aveva frequentato con la sua famiglia la comunità di Catona. La donna, di nazionalità nigeriana, dopo aver accusato il pedofilo aveva pensato di ritirare la denuncia dichiarando al giudice che era stato Ripepi, come pastore della sua chiesa, a suggerirle di perdonare il molestatore. Questo racconto si trova nero su bianco nella sentenza di condanna del pedofilo, dove però il riferimento a Ripepi (che non è indagato) è al solo sentimento del perdono e non già al ritiro della denuncia, iniziativa personale della donna. Invece, tuona il consigliere e religioso, dai titoli di certa stampa risulta che la madre avesse pensato di ritrattare proprio dietro sollecitazione di papà Massimo. Ripepi ha rettificato con una nota, ma non ancora soddisfatto ha voluto rincarare la dose con una diretta Fb dove ieri sera si è messo a disposizione dei suoi confratelli per ogni chiarimento sulla vicenda. Che sarebbe stata ricostruita in modo falso. “E’ l’ennesima accusa infamante – dice Massimo Ripepi – da parte di giornalisti, che per fortuna sono una piccola grande rispetto alla maggioranza di seri professionisti, giustizialisti che da quattro righe in una sentenza generano casi mediatici”. Il consigliere mostra il foglio su cui, colorato con l’evidenziatore, appare il suo nome in un fugace passaggio della deposizione della nigeriana.

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E precisa di non avercela con tutti i giornalisti, sebbene sul piatto della bilancia i suoi trascorsi con quei pochi fabbricatori di sensazionalismi siano i più pesanti. Celebre e dai toni rabbiosi fu il suo scontro con una giornalista reggina che aveva ricordato il coinvolgimento del consigliere in un episodio di stalking; e l’attuale status di autosospeso da Fratelli d’Italia si deve all’agghiacciante storia di lunghi abusi sessuali su una ragazzina che aveva riguardato una famiglia seguita spiritualmente da Ripepi nella comunità di Catona – anche in quel caso il pastore aveva lamentato accenti mediatici strumentali nell’amplificare il suo ruolo nei fatti. Eppure quell’ultimo caso appare molto simile a questo della madre nigeriana (anche stavolta c’è una vittima disorientata che chiede sostegno e consiglio al padre religioso). Ma ora Massimo Ripepi non ci sta: “E’ una infondata, falsa e calunniosa accusa nei miei confronti che ha origine da quattro righe di una sentenza nella quale una donna nigeriana ha dichiarato che le avrei detto di perdonare un tale funzionario di banca che non ho mai conosciuto”. Infatti, spiega il consigliere, mentre la donna e la sua famiglia erano effettivamente stati membri della chiesa, nulla lui sa dell’uomo condannato. Nè ha mai spinto la donna a ritirare la denuncia: “In realtà questa madre non voleva sottoporsi all’interrogatorio degli inquirenti e per questo aveva pensato, come idea sua, di ritrattare le sue accuse verso quell’uomo”. 

Sul perdono, invece, la riflessione di Ripepi è diversa: “Non so niente di questa storia di violenze e non so perché la signora, che conosco e ho aiutato spiritualmente per molti anni insieme alle sue figlie come faccio sempre, ha fatto queste false dichiarazioni. Preciso però che se mi fossi trovato in questa situazione avrei consigliato alla signora di denunciare alle autorità competenti , perché questo si deve fare, ma anche di perdonare cristianamente il peccato per come Gesù Cristo ci insegna nella preghiera delle preghiere ovvero il Padre Nostro. Il perdono lo consiglierò sempre, perché noi doniamo il perdono a chi ci fa male per essere poi perdonati da Gesù per i nostri peccati”.

Nella diretta Facebook, durante la quale fioccano commenti di solidarietà e parole di stima ed esaltazione cristiana verso papà Massimo, il consigliere-pastore rivela che nella comunità c’è oggi una donna che dopo anni di abusi ha trovato la forza di lasciare il marito ed è al centro di un percorso spirituale. “L’ex marito – racconta Ripepi – è stato allontanato dalla nostra chiesa e per legge gli è vietato avvicinarsi alla moglie e gli altri familiari. Ma alla donna ho detto ugualmente di perdonare e voler bene al marito, come Gesù ha fatto con noi”.

La conclusione di Massimo Ripepi è estatica, cristianamente ispirata: “Io continuerò a combattere per la verità, nel mio piccolo farò quello che ha fatto Gesù e so che il Signore Gesù, che io servo, farà trionfare la verità. I miserabili che raccontano bugie saranno giudicati da Gesù”. Più prosaico è invece l’annuncio di voler procedere, tramite il legale Mario Santambrogio, contro la nigeriana. I giornalisti giustizialisti (“io non lo sono mai stato, neanche in politica non ho mai chiesto le dimissioni di nessuno che sia imputato o indagato, sono garantista e aspetto che siano i giudici ad esprimersi”) avranno pure pane per i loro denti, in un altro modo. Ripepi intende smascherare le loro bugie e malefatte in un libro che sta scrivendo sullo spinoso argomento, che s’intitolerà “Sacerdoti della menzogna”.

Isabella Marchiolo 

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