Un tempo era solo un cancello, immerso tra gli ulivi della campagna calabrese. Oggi è diventato un luogo della memoria ma anche di resistenza. È qui, in contrada Montalto a Limbadi, che Maria Chindamo fu rapita il 6 maggio 2016. Da allora, nessuno ha più avuto sue notizie. Nove anni dopo, quello stesso cancello arrugginito si apre idealmente alla speranza: studenti, istituzioni, magistrati, testimoni di giustizia, forze dell’ordine e cittadini si sono riuniti in un abbraccio collettivo che non chiede soltanto verità, ma afferma con coraggio che lo Stato c’è, e continuerà a esserci. A presenziare alla cerimonia il procuratore di Vibo Valentia Camillo Falvo, la sottosegretaria all’Interno Wanda Ferro, i figli di Maria, il fratello Vincenzo Chindamo, il vicepresidente della Giunta regionale Filippo Pietropaolo, l’assessore regionale Maria Stefania Caracciolo, il vescovo Attilio Nostro, il prefetto di Vibo Valentia Aurora Colosimo.Tra i presenti il cantautore Dario Brunori, impegnato nell’associazione “Uno Nessuno 100mila”. In mezzo alla pioggia e agli applausi, è stato inaugurato un monumento simbolico: una spirale in ferro, colorata e dinamica, realizzata dall’artista Luigi Camarilla.
Il procuratore di Vibo ha letto il messaggio inviato dal ministro della Giustizia Carlo Nordio. “Questa giornata – ha scritto il guardasigilli – rappresenta l’affermazione della presenza dello Stato in un territorio dove la ‘ndrangheta per anni ha dettato legge”. “Conosco bene – ha poi aggiunto Falvo – questo cancello e queste terre. Abbiamo ascoltato collaboratori che hanno parlato del caso di Maria, abbiamo istruito il processo, oggi in Corte d’Assise a Catanzaro. Anni fa era impossibile anche solo nominare certi nomi. Oggi invece lo Stato è qui, e il cambiamento è visibile”. Parlando dei figli della donna ha detto di averli incontrati più volte: “crescono con l’amore di chi è loro vicino. Maria è il simbolo di chi ha dato la vita per resistere alla criminalità organizzata”.
“I testimoni di giustizia – ha sostenuto Wanda Ferro, sottosegretario all’Interno – sono il cuore pulsante del nostro coraggio. Come diceva Sant’Agostino, la speranza ha due figli: lo sdegno per le ingiustizie e il coraggio per cambiarle. Vincenzo Chindamo ha saputo trasformare il dolore in speranza. Lo Stato non lo ha mai dimenticato, e oggi è qui per dire che continuerà a esserci”. “Volevano spaventarci – ha detto il fratello di Maria, Vincenzo – dividerci, seminare terrore. Invece oggi io vedo il senso dello Stato, lo vedo negli studenti, nei magistrati, nei cittadini. Abbiamo detto: basta paura. Controlliamo noi questa terra. E oggi, insieme, ci siamo riusciti”.
(Ansa)