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venerdì, 19 Aprile, 2024
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Operazione ‘Isola Scaligera’: in manette affiliati alla cosca “Arena-Nicoscia” di Isola Capo Rizzuto

La Polizia di Stato ha eseguito, in provincia di Verona, un’ordinanza che dispone misure cautelari nei confronti di 26 indagati (di cui 17 destinatari di custodia cautelare in carcere, 6 agli arresti domiciliari e 3 obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria) ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, traffico di sostanze stupefacenti, riciclaggio, estorsione, trasferimento fraudolento di beni, emissione di false fatturazioni per operazioni inesistenti, truffa, corruzione e turbata libertà degli incanti, talora aggravati da modalità mafiose. Le indagini, dirette dalla procura distrettuale di Venezia e condotte, tra il 2017 ed il 2018, da un gruppo di lavoro composto da investigatori della Prima Divisione del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato e dai poliziotti delle Squadre mobili di Verona e Venezia, hanno accertato gravi indizi relativi ad una strutturata ed autonoma ‘locale’ di ‘ndrangheta operante a Verona e nella sua provincia, riconducibile alla potente cosca degli ‘Arena-Nicoscia’ di Isola Capo Rizzuto (Crotone).
Il boss della ‘Ndrangheta che gestiva l’organizzazione nel veronese è Antonio Gardino detto ‘Totareddu’. L’attività del gruppo mafioso – è stato detto da inquirenti e investigatori a Venezia – ha portato al sequestro di 15 milioni di euro frutto di un’attività volta al riciclaggio ed allo spaccio di stupefacenti, con società fittizie che evadevano il fisco e creavano provviste di denaro. Il denaro gestito nel veronese giungeva dalla Calabria, veniva riciclato per lo più attraverso imprese edili portando ai reati di riciclaggio, estorsione ed evasione fiscale. Degli arrestati, in totale 23, 16 sono agli arresti con contestata l’associazione di stampo mafioso. L’indagine e’ in corso ed oltre alle persone colpite da misure cautelari ci sono ulteriori indagati.
Tra gli indagati, con l’accusa di concorso in peculato, c’è anche l’ex sindaco di Verona, Flavio Tosi. Per la prima volta la criminalità organizzata tocca il territorio veronese, dopo Eraclea e Padova – ha spiegato in conferenza stampa il procuratore distrettuale antimafia, Bruno Cherchi – le ipotesi che avevamo fatto in passato sulla criminalità organizzata stanno dando riscontri su una situazione che deve essere attentamente considerata. Si tratta di un segnale che dovrebbe allarmare la società civile per la pericolosità dei contatti tra amministrazione e politica e criminalità organizzata”. Le indagini hanno dimostrato che gli indagati, legati alla ‘Ndrangheta calabrese, della cosca Arena-Nicoscia avevano avuto contatti importanti con la società pubblica di gestione dei rifiuti Amia di Verona. Il direttore centrale dell’Anticrimine, Francesco Messina, parlando con i giornalisti in un incontro al Palazzo di Giustizia di Venezia, precisa che le indagini hanno portato oggi alla contestazione del 416 bis a carico di 16 persone. E’ emerso, inoltre, che il gruppo ‘ndranghetista smantellato oggi nel veronese e proveniente da Isola Capo Rizzuto (Crotone) faceva capo a Antonio Giardino, insediatosi nel territorio veronese già alla fine degli anni ’80. “L’apparato mafioso non ha alcun interesse a manifestare la sua violenza nel Nord Italia – ha spiegato – ma ha interesse ad avvicinare politici, imprenditori e per circa un ventennio nel veronese è avvenuto. L’apparato militare qui non è così forte. L’agire mafioso in Nord Italia punta a creare un reticolo di rapporti fortissimi anche con la pubblica amministrazione, a partire dalla corruzione ma non solo, e non manifesta se non in specifici settori il suo comportamento militare”.

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