Ci sono “mazzette” in cambio di un’attestazione falsa di residenza per avere la cittadinanza italiana iure sanguinis o per ottenere falsi certificati di morte. In altri casi le “mazzette” hanno facilitato l’aggiudicazione di appalti nella sanità, per la gestione dei rifiuti piuttosto, per la realizzazione di opere pubbliche, la concessione di licenze edilizie, l’affidamento dei servizi di refezione scolastica. Ci sono scambi di favori per concorsi truccati in ambito universitario. E ancora, le inchieste per scambio politico elettorale e quelle relative alle grandi opere con la presenza di clan mafiosi. In prossimità della Giornata Internazionale contro la Corruzione Libera ha scattato una fotografia delle principali inchieste sulla corruzione nel nostro Paese nell’anno in corso di cui sono emerse notizie di stampa. L’istantanea mostra un quadro allarmante: l’avanzata sotterranea e senza freni della corruzione in Italia. Da Torino a Milano, da Bari a Palermo, da Genova a Roma, passando per le città di provincia come Latina, Prato, Avellino, nel salernitano, nel corso del 2025 risuona incessantemente un allarme “mazzette” con il coinvolgimento in una vasta gamma di reati di corruzione di un migliaio di amministratori, politici, funzionari, manager, imprenditori, professionisti e mafiosi. Dal 1° gennaio al 1° dicembre 2025, Libera ha censito da notizie di stampa 96 inchieste su corruzione e concussione, circa otto inchieste al mese (erano 48 nel 2024) Ad indagare su questo fronte sempre caldo si sono attivate 49 procure in 16 regioni italiane. Complessivamente 1028 (lo scorso anno erano 588) sono state le persone indagate per reati che spaziano dalla corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio al voto di scambio politico-mafioso, dalla turbativa d’asta all’estorsione aggravata dal metodo mafioso. Dall’analisi delle inchieste, ancora in corso e dunque senza un accertamento definitivo di responsabilità individuali, emerge una corruzione “solidamente” regolata, spesso ancora sistemica e organizzata, dove a seconda dei contesti il ruolo di garante del rispetto delle “regole del gioco” è ricoperto da attori diversi: l’alto dirigente oppure il faccendiere ben introdotto, il “boss dell’ente pubblico” o l’imprenditore dai contatti trasversali, il boss mafioso o il “politico d’affari”. Sono ben 53 i politici indagati (sindaci, consiglieri regionali, comunale, assessori) pari al 5,5% del totale delle persone indagate. Di questi 24 sono sindaci, quasi la metà. Il maggior numero di politici indagati riguarda la Campania e Puglia con 13 politici, seguita da Sicilia con 8 e Lombardia con 6.
Nella ricerca di Libera più in dettaglio, si evince che le regioni meridionali compreso le isole “primeggiano” con 48 indagini in totale, seguite da quelle del Centro (25) e dal Nord (23). Prima in classifica la Campania con 18 inchieste, seguita dal Lazio con 12, Sicilia con 11. La Lombardia con 10 inchieste è la prima regione del Nord Italia. Se guardiamo il numero delle persone indagate la classifica cambia. Prima rimane sempre la Campania con ben 219 persone indagate, segue la Calabria con 141 persone indagate, terza la Puglia con 110 persone, a seguire la Sicilia con 98 persone indagate. Prima regione del Nord Italia la Liguria con 82 persone, seguita dal Piemonte con 80 persone indagate, La mappa dell’inchieste e il numero degli indagati, per i quali naturalmente vale una presunzione di non colpevolezza, è frutto di una ricerca avente come fonte lanci di agenzie, articoli su quotidiani nazionali e locali, rassegne stampe istituzionali, comunicati delle Procure della Repubblica e delle forze dell’ordine.
“I dati che presentiamo -commenta Francesca Rispoli, copresidente nazionale di Libera- ci parlano con chiarezza: la corruzione in Italia non è affatto un’anomalia, bensì un sistema che si manifesta in mille forme diverse, adattandosi ai contesti, riflettendo l’impiego di tecniche sempre più sofisticate. Da quelle più “classiche” (la mazzetta, l’appalto truccato, il concorso pilotato) fino a quelle ormai pressoché legalizzate, frutto di una vera e propria cattura dello Stato da parte di un’élite impunita: leggi e regole scritte su misura per i potenti di turno, conflitti di interesse tollerati, relazioni opache tra decisori pubblici e portatori di soverchianti interessi privati. La questione va molto al di là delle singole responsabilità individuali. Sono all’opera meccanismi che, se non svelati e contrastati, rischiano di consolidare un sistema di potere sempre più irresponsabile. Non basta invocare pene più severe, o attendere l’ennesima inchiesta giudiziaria, spesso destinata ad arenarsi in un nulla di fatto: occorre rinnovare un patto forte e lungimirante tra istituzioni responsabili e cittadinanza attiva. Da un lato, le istituzioni pubbliche consolidino i presidi di prevenzione e si dotino di strumenti efficaci di contrasto della corruzione, anziché delegittimarli e indebolirli come si è fatto negli ultimi anni. Dall’altro, la cittadinanza deve potenziare la capacità di far sentire la propria voce, investendo in una crescita della cultura della segnalazione, del monitoraggio civico, dell’impegno condiviso nel difendere i beni comuni e l’interesse pubblico. Si tratta di un percorso lungo ma necessario, che va a scalfire abitudini radicate, convenienze consolidate, disincanto diffuso. La corruzione sistemica e la cattura dello Stato da parte delle cricche di corrotti non sono affatto un destino. Piuttosto, sono il risultato di scelte interessate, connivenze, omissioni. È ancora possibile- sottolinea Rispoli- per istituzioni e cittadini scegliere di stare dalla stessa parte, investire a livello politico e culturale nell’affermazione dei valori alternativi di integrità, trasparenza e giustizia sociale possono, e così costruire insieme uno Stato che non sia preda di pochi, ma bene comune di tutti.”
I dati calabresi – conclude Giuseppe Borrello, referente regionale Libera in Calabria– devono rappresentare un forte campanello di allarme perché, oggi, la corruzione rappresenta lo strumento privilegiato, anche, della ‘ndrangheta che, potendo contare su enormi disponibilità di capitali, riesce ad infiltrarsi ovunque condizionando la vita politica, economia e sociale di interi territori, anche al di fuori della Calabria. Ma la cosa che più deve preoccupare nella nostra regione sono i cosiddetti costi indiretti della corruzione che si manifestano in una serie di inefficienze e disservizi che hanno un effetto diretto sulla vita delle cittadine e cittadini calabresi, che già devono confrontarsi con un sistema economico, sociale, sanitario e infrastrutturale debole e fragile. Costi indiretti che poi, quando le inchieste coinvolgono donne e uomini della politica e delle istituzioni, influiscono direttamente sulla credibilità e fiducia politica e istituzionale.

















