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giovedì, 25 Aprile, 2024
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‘Ndrangheta nel vibonese: 11 misure cautelari-NOMI

Il Tribunale di Catanzaro ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo ed eseguita dal ROS e dal Comando Provinciale Carabinieri di Vibo Valentia, nei confronti di 11 soggetti, indagati (in particolare 8 in carcere, di cui 1 in Ungheria, e 3 destinatari della misura interdittiva del divieto di esercitare attività imprenditoriali o uffici direttivi di persone giuridiche) per associazione di tipo mafioso, riciclaggio internazionale, trasferimento fraudolento di valori, truffa internazionale e altri reati. L’operazione continua quanto fatto nell’ambito del processo “Rinascita-Scott” che aveva consentito, nel 2019, di individuare 334 individui collegati alla ‘ndrangheta. L’indagine – sviluppata in un articolato contesto di cooperazione internazionale di polizia e giudiziaria con autorità ungheresi, cipriote, francesi, danesi e britanniche e giudiziaria con il coordinamento di Eurojust – si è avvalsa inoltre della collaborazione dell’Unità di informazione finanziaria (UIF) della Banca d’Italia e del supporto finanziario dal progetto @ON.

I nomi degli 11 indagati
In carcere
Giovanni Barone 53 anni nato a Roma residente a Milano
Basilio Caparrotta 61 anni di Sant’Onofrio
Basilio Caparrotta 51 anni di Sant’Onofrio
Gerardo Caparrotta 54 anni di Vibo Valentia
Giuseppe Fortuna 45 anni di Tropea residente a Filogaso
Giuseppe Fortuna 59 anni di Vibo Valentia
Gaetano Lo Schiavo 34 anni di Pizzo
Edina Margit Szilagyi 55 anni nata a Budapest
Divieto di esercitare la professione
Saverio Boragina 70 anni di Vibo Valentia
Annamaria Durante 46 anni nata a Vibo Valentia residente a Milano
Eva Erzsebet Szilagyi 53 anni di Budapest

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L’operazione costituisce prosecuzione dell’indagine Rinascita-Scott, eseguita il 19.12.2019 dal ROS che – oltre a fornire ulteriore conferma dell’unitarietà della ‘ndrangheta, al cui interno le articolazioni territoriali (locali/‘ndrine) godono di un’ampia autonomia operativa, seppur nella comunanza delle regole e nel riconoscimento dell’autorità del crimine di Polsi (RC) – aveva consentito di ricostruire gli assetti della ‘ndrangheta presenti nel vibonese, attingendo 334 indagati ritenuti responsabili, a vario titolo, per associazione di tipo mafioso, omicidio, estorsione, usura, fittizia intestazione di beni, riciclaggio, detenzione di armi, traffico di stupefacenti, truffe, turbativa d’asta, traffico di influenze e corruzione.

L’odierna indagine – corroborata da intercettazioni e propalazioni di diversi collaboratori di giustizia – ha documentato l’appartenenza all’articolazione territoriale di ‘ndrangheta attiva su Sant’Onofrio (VV) di quattro soggetti uno dei quali, per agevolare le attività di riciclaggio in favore della cosca, ha costituito una serie di società di diritto italiano, ungherese e cipriota, fittiziamente intestate a terzi soggetti. In tale contesto è stato colpito da mandato d’arresto europeo un avvocato ungherese risultato intestatario del 50% delle quote societarie di una delle predette società. Sono state anche ricostruire le dinamiche sottese ad una truffa, consumata nel 2017 dall’articolazione mafiosa, a danno di investitori omaniti che hanno versato la somma di 1 milione di euro dietro la promessa di ottenere il 30% delle quote di una società cui era riconducibile un compendio immobiliare in Budapest. È stato eseguito un sequestro preventivo finalizzato alla confisca di beni e società per un valore di circa 3 milioni di euro (il provvedimento ha riguardato 5 società immobiliari (4 delle quali sedenti a Budapest e una a Milano), 2 immobili a Pizzo (VV), uno yacht intestato a una società ungherese, 4 veicoli immatricolati in Italia nonché rapporti finanziari e conti correnti italiani e ungheresi).

L’esecuzione del mandato d’arresto europeo è stata garantita dal supporto della Direzione Centrale della Polizia Criminale – Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia (progetto Ican), mentre il sequestro delle società e dei conti localizzati in Ungheria è coordinato da Eurojust e, nell’ambito del reciproco riconoscimento dei provvedimenti reali, si tradurrà in un congelamento di beni. Gli indagati sono da considerarsi non colpevoli fino a sentenza di condanna divenuta irrevocabile.

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