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mercoledì, 24 Aprile, 2024
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Monte Poro, il migliore pecorino dell’Italia prodotto nei comuni di Vibo Valentia

Prodotto nel territorio dei comuni della provincia di Vibo Valentia appartenenti al comprensorio che gli dà il nome, questo formaggio si ottiene esclusivamente da caglio e latte ovino proveniente dagli allevamenti della zona. Sapore fragrante e con aromi di fiori selvatici, di macchia mediterranea e di fieno, pastoso e piacevolmente nocciolato all’assaggio, caratteristiche che diventano sempre più intense con l’aumentare della stagionatura, accompagnandosi ad una decisa pungenza e sapidità.
Prossimo al riconoscimento della DOP, la cui domanda è stata pubblicata lo scorso mese di ottobre, racchiude tutti i sapori ed i profumi dei pascoli locali che rendono il latte degli allevamenti una materia prima dalle caratteristiche uniche. Sui verdi pascoli che ricoprono le pendici del massiccio ancora oggi si pratica il pascolo estensivo, che consente di ottenere un latte dalle ricche note gustative ed olfattive, perfetto per ottenere un pecorino da molti considerato il migliore dell’Italia meridionale.
A seconda del periodo di stagionatura, si distinguo tre diverse tipologie: «fresco», da 20 giorni a 60 giorni di conservazione; «semistagionato», da 61 giorni a 6 mesi di stagionatura; «stagionato», da 6 mesi a 24 mesi. La crosta è dura, rugosa, di colore variabile dal giallo oro per la tipologia «fresco» al nocciola più o meno scuro per il «semistagionato» e «stagionato», tendente al rossiccio, laddove unto con peperoncino ed olio extravergine di oliva e peperoncino per trattare la crosta esterna. La pasta presenta una struttura compatta, con un’eventuale leggera occhiatura irregolarmente distribuita. Al taglio il colore si presenta variabile dal bianco per la tipologia «fresco» al paglierino più meno intenso nel «semistagionato» e «stagionato». La consistenza della pasta è morbida al taglio nel «fresco» e via via più consistente nello «stagionato».

Come avviene la preparazione. Il composto viene raccolto manualmente, posizionato in piccole forme cilindriche dette «fuscelle» delle dimensioni variabili, pressato manualmente oppure con il metodo della stufatura in contenitori o ambienti idonei e girato tre – quattro volte fino al completo spurgo del siero, lasciato riposare su tavole di legno o di altro materiale idoneo all’uso alimentare, fino al completo spurgo del siero presente. Ci sono quindi salatura, maturazione ed eventuale stagionatura. Estratto dalle forme viene salato a secco e adagiato su tavole dove il formaggio è girato una volta al giorno per 3-4 giorni. La salatura può avvenire anche per immersione in vasche di salamoia. Inoltre il fatto che la mano d’opera sia ancora presente nella fasi di trasformazione evidenzia un’alta specializzazione e artigianalità del sistema produttivo, che rimane inevitabilmente legato a risorse umane difficilmente reperibili in altri contesti territoriali. Le competenze specialistiche influenzano direttamente la qualità di acluni passaggi del ciclo produttivo, rendendo il formaggio in tal senso «tipico» perché strettamente legato al territorio di produzione.

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Oltre che nelle caratteristiche ambientali del Monte Poro e nei metodi di lavorazione tradizionali, c’è un forte legame tra il Pecorino e il territorio anche nelle consuetudini alimentari e, soprattutto, nella gastronomia locale. Di fatti il Pecorino del Monte Poro è estremamente ricercato dai ristoratori e da quanti risiedono nel territorio rientrando in molti piatti della cucina tradizionale vibonese. Numerose sono le preparazioni di questo formaggio: come antipasto, insieme a pomodori secchi, salumi e ortaggi sott’olio; grattugiato sui primi piatti conditi con sugo di carne di capretto o d’agnello e infine, a seconda del suo periodo di stagionatura, come formaggio da tavola o da grattugia nella preparazione della minestra di fave e cicorie selvatiche e delle cipolle gratinate. In particolare, nel periodo pasquale, per tradizione, il Pecorino del Monte Poro viene consumato fresco, accompagnato da fave crude o da vini rossi tipici calabresi quali il Cirò, il Val di Neto e il Melissa.

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