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lunedì, 8 Settembre, 2025
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L’elenco si allunga: altri 4 medici di Cuba lasciano gli ospedali: sono al Nord e nel privato calabrese

Prosegue la fuga dei medici di Cuba dai Pronto soccorso e ospedali della Calabria. Gli ultimi, in ordine di tempo, sono quattro medici del Pronto soccorso dell’ospedale di Paola e dello spoke Paola-Cetraro. Secondo quanto si apprende alcuni di loro sono andati a lavorare nel nord Italia. Mentre altri sono rimasti in Calabria andando a lavorare nella sanità privata.
Nei giorni e nelle settimane scorse fughe analoghe si sono registrate una dall’ospedale di Polistena, tre medici hanno fatto perdere le loro tracce in provincia di Cosenza, uno fermato in aeroporto poco prima che salisse su un aereo diretto in Spagna, un ortopoedico in servizio all’ospedale di Vibo Valentia che ora lavora in una clinica privata della città.

L’accordo firmato nel 2022 con la società cubana ‘Comercializadora de Servicios Medicos Cubanos S.A.’ prevedeva l’arrivo di 497 medici. Al maggio 2025 ne risultavano circa 370 in servizio, ma i casi di abbandono continuano a moltiplicarsi. Le condizioni contrattuali prevedono un compenso lordo di circa 4.700 euro, di cui solo 1.200 euro sono effettivamente percepiti dal medico.

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Sulla questione, Gianluca Giuliano, Segretario Nazionale UGL Salute e Guglielmo Nucci, Segretario UGL Cosenza- in una nota congiunta -esprimendo forte preoccupazione. L’ultimo e imporovviso abbandono de quattro medici dal Tirreno Cosentino” è un segnale grave che non può essere sottovalutato. Quanto accaduto conferma che il ricorso a personale straniero, pur comprensibile in un contesto emergenziale, non può essere considerato una risposta strutturale alle criticità che affliggono il Servizio Sanitario Nazionale, e in particolare la sanità calabrese”.
“L’esperienza dei medici cubani – proseguono Giuliano e Nucci – si sta rivelando una misura tampone, utile solo nell’immediato, ma non in grado di offrire stabilità né continuità al sistema. I reparti in sofferenza, i turni scoperti e le difficoltà operative non si risolvono senza investimenti seri nel capitale umano italiano”.

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