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giovedì, 2 Maggio, 2024
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Le nuove sfide della scuola, il pensiero del prof. Massimo Bottiglieri autore di “Istruire o educare?”

Gli ultimi episodi di violenza, che si sono susseguiti in questi ultimi mesi, hanno sortito reazioni di rabbia, di sgomento e di paura. A sottolinearlo – Sebastiano Guzzi, Vice Presidente Nazionale Unilavoro Pmi – secondo il quale “La violenza continua a entrare prepotentemente, e senza tregua, nella nostra quotidianità. In un’epoca fortemente segnata da episodi di bullismo, di stupri, di aggressioni su persone e animali, emerge una domanda inquietante: stiamo affrontando il problema in modo adeguato? Su che fronti agire? Qual è il ruolo dei genitori, e quale quello della Scuola?”. Lo abbiamo chiesto al Professore Massimo Bottiglieri, Dottore in Scienze Motorie e Sportive, Professore in Discipline Musicali e Scrittore. Il suo contributo: “L’odierna scuola langue nel suo essere diventata diplomificio, tradizionalismo scolastico, conservatorismo politico ed autoritarismo brutale, intervallato da permissivismo assoluto, fa riflettere. Scellerate dinamiche che hanno reso gli accorati avvertimenti psico-pedagogici del 900, alla stregua di un trombone insopportabile da sostituire alla gran cassa del persistente soliloquio di lezioni frontali da parte di freddi istruttori. Classi sovraffollate, chiuse e flesse nell’e.learning dell’assimilazione passiva, dove la creatività e la multi-laboratorialità evidentemente stonano l’’ampollosa sinfonia”.

Proprio lungo questo viaggio – continua Bottiglieri – l’unico barlume di speranza risiede in quegli educatori che amano la tempesta, e non star seduti nella bonaccia. Maestri resilienti che sapranno farsi corpo, voce, respiro, passione nell’affascinare il dubbio, verso quel desiderio di desiderare l’ora di lezione. Di fatto non rimanere attaccati al porto, “inbrigliando esseri umani”, lungo modelli punteggio-prestativi tout court come nell’apologo del letto di Procuste, ma prendersi cura della forma mentis. Facendo emergere insieme, la semantica di determinate parole e relativo ordine. Ad oggi disordinato e privo di direzione, lungo migliaia di sentieri ancora poco battuti che attendono noi tutti. De-umanizzazione dell’odierno collettivo, esasperato selfie-pret-a-porter-tout de suite anche di sedicenti genitori rinchiusi nello stesso quadretto famigliare omologato, con conseguente perdita della vera auctoritas e relativa sua radice etimologica “animica”. Illetrisme di identità vetrinizzate dell’homo videns. Danza selvaggia di fantasmi scomposti. Un vorticoso girotondino di morte, figure deliranti intrappolate all’interno del più breve tempo possibile, nel più ridotto spazio possibile, con l’impiego del minor costo possibile, ma con la massima prestazione possibile. Reificazione dell’umano quanto ridotto se va bene, a mera cosa “usa e getta”.

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In questa apparente melassa zuccherosa – evidenzia Bottiglieri – lì dove della famiglia, ahimè, ne rimangono dei permissivisti figuranti antropologici, là dove l’Articolo 30 della Costituzione, non sortisce risposta, l’ultimo criptico baluardo chiamato Scuola, possiede cogente dovere, ancor di più oggi, sottolineando con la forza dei veri insegnanti: nell’attrarre, nel pazientare, nell’amare quel deserto, quell’assenza, quell’errore, poiché nel non esser.ci, in realtà, vive quel prendersi cura di tutto, vive, conclude Bottiglieri, la contemplazione dell’umano possibile solo nella sua lentezza.

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