Si è concluso, dinanzi al Gip del tribunale di Lamezia Terme, Francesco De Nino, l’incidente probatorio volto ad accertare la capacità di intendere e di volere di Francesco Di Cello, 64 anni, reo confesso della morte del figlio Bruno di 30 anni, avvenuta lo scorso mese di maggio nella zona della “Marinella”. Secondo quanto si apprende il professore Stefano Ferracuti ha depositato ed illustrato la perizia psichiatrico forense con la quale ha accertato la sussistenza di un vizio di mente al momento del fatto, tale da grandemente scemare la consapevolezza e volontarietà del tragico evento.
Il Perito, sollecitato dalle domande del Giudice e dei legali di Francesco Di Cello, avvocati Giuseppe Spinelli e Renzo Andricciola, ha ben descritto il contesto costrittivo che ha cagionato il patologico e fatale senso di inevitabilità e di ultima spiaggia, nel quale la sofferenza psichiatrica dell’indagato si è manifestata, tracciando la causalità dell’evento nella malattia psichica, motivata ed innescata dagli impellenti problemi che il nucleo familiare stava subendo.
Come si ricorderà Francesco Di Cello, ha immediatamente ammesso tutte le sue responsabilità, ovvero di aver ucciso il figlio con un colpo di pistola esploso in viso, al termine di una giornata densa di tensione e liti all’interno della famiglia. Un gesto drammatico e maturato in un contesto di disperazione compromesso da diversi anni per via a causa di contrasti legati allo stile di vita del trentenne e delle sue ripetute richieste di denaro nei confronti dei familiari e che tempo fa hanno portato anche a carico della vittima a una condanna per estorsione verso i genitori.