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sabato, 27 Luglio, 2024
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Incontrate in carcere in Calabria le due donne iraniane accusate di essere “scafiste”

Reggio Calabria – Il Garante nazionale delle persone private della libertà personale ha inviato nei giorni scorsi una delegazione in Calabria. L’avvocato Irma Conti, componente del Collegio del Garante nazionale, ha incontrato le detenute iraniane Maysoon Majidi e Marian Jamali, in misura cautelare perché accusate di essere “scafiste”, ristrette presso gli istituti penitenziari di Castrovillari e di Reggio Calabria. Al capo delegazione Irma Conti si è affiancato l’avvocato Luca Muglia, Garante regionale dei diritti delle persone detenute, che monitorerà l’evolversi della situazione in coordinamento con il Garante nazionale.

“La visita istituzionale” – ha sottolineato Muglia – “riveste un significato importante in termini di attenzione e vicinanza del Garante nazionale alla vicenda delle giovani donne iraniane ed alle problematiche che affliggono le persone detenute in Calabria. Ringrazio, in modo particolare, la componente del Collegio del Garante nazionale Irma Conti, la quale nel corso della visita ha ascoltato le giovani iraniane e le altre detenute che hanno chiesto di esporre i loro bisogni, interagendo fattivamente con l’Amministrazione penitenziaria su questioni di estremo rilievo”. “Quanto a Maysoon Majidi e Marian Jamali” – ha concluso il Garante regionale – “stiamo ultimando gli approfondimenti necessari circa la biografia personale, le condizioni di detenzione, l’assistenza psicologica, lo stato delle procedure relative alla protezione internazionale e le possibilità di ricongiungimento familiare. Seguirà ogni ulteriore accertamento in forza dei mandati nazionali ed internazionali che competono, nello specifico, all’Autorità Garante Nazionale.

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Fatta salva l’autonomia ed indipendenza della magistratura, a fronte di fattispecie di reato così delicate quali quelle di favoreggiamento aggravato dell’immigrazione clandestina, che prevedono pene molto elevate, l’individuazione della responsabilità penale richiede un modello di intervento, investigativo e probatorio, in grado di scongiurare o ridurre il rischio di errori giudiziari. L’obiettivo primario, infatti, è assicurare – sempre e comunque – la tutela dei diritti umani fondamentali”.

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