L’annuario delle regioni di EurostatLa conferma che Calabria è la regione europea con il tasso di occupazione più basso, registrando per il 2024, un livello di occupazione pari al 48,5% tra la popolazione di età compresa tra i 20 e i 64 anni. Un dato che pone la regione nettamente al di sotto della media dell’Unione Europea (75,8%) e lontanissima dall’obiettivo fissato da Bruxelles: raggiungere entro il 2030 un tasso del 78%. Il quadro non migliora se si guarda alle altre regioni meridionali: Campania (49,4%) e Sicilia (50,7%) condividono gli ultimi posti della classifica, delineando un Mezzogiorno sempre più distante dal resto del Paese e del continente.
Le tabelle regionali di Eurostat confermano la forte disparità territoriale. L’Italia detiene il primato europeo per differenze interne nei tassi di occupazione, con un coefficiente di variazione del 15,6%. In testa si colloca la provincia autonoma di Bolzano (79,9%), seguita da Valle d’Aosta (77,6%), Trento (76,9%) e dalle principali regioni del Centro-Nord, tutte ben al di sopra della media europea. All’estremo opposto, oltre a Calabria, Campania e Sicilia, restano indietro anche Puglia (55,3%), Basilicata (60,4%) e Sardegna (61,7%), con livelli di occupazione lontani dal resto del Paese.
Accanto al problema territoriale, pesa quello del gender gap. Dopo la Grecia, le regioni italiane mostrano le maggiori differenze tra uomini e donne occupati. La Puglia segna un divario di 29,8 punti percentuali, seguita da Campania (29,1) e Basilicata (28,1).
Nel 2024, a livello europeo, il tasso di occupazione maschile si è attestato all’80,8%, contro il 70,8% di quello femminile, con una forbice di 10 punti. Un gap che nel Mezzogiorno si allarga a livelli record, segnalando una doppia criticità: non solo bassa occupazione complessiva, ma anche un’inclusione lavorativa femminile drammaticamente insufficiente.
I dati diffusi da Eurostat restituiscono l’immagine di un’Italia spaccata in due, con alcune regioni pienamente integrate nel mercato del lavoro europeo e altre ferme su valori che ricordano economie periferiche. Una frattura che rischia di compromettere il raggiungimento degli obiettivi europei per il 2030 e che impone politiche mirate per il rilancio dell’occupazione, soprattutto al Sud e tra le donne.