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domenica, 28 Aprile, 2024
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I dati del report “Pendolaria” di Legambiente: in Calabria parchi rotabili con età media di oltre 21 anni

In Italia i servizi ferroviari regionali e il trasporto pubblico sono un tema del tutto secondario, insieme al Mezzogiorno e ai finanziamenti ad oggi insufficienti. Intanto mentre il numero dei viaggiatori torna a salire, il governo Meloni risponde con tagli e rimodulazioni. Nell’ultima legge di bilancio, approvata lo scorso dicembre, per la prima volta dal 2017 non sono stati neanche previsti fondi per il trasporto rapido legato a metro, tramvie, e filovie, così come per la ciclabilità e la mobilità dolce. È quanto denuncia Legambiente con il nuovo report di Pendolaria, presentato oggi a Reggio Calabria nell’ambito della campagna Clean Cities, che racconta in sintesi di un Paese caratterizzato da nodi irrisolti tra ritardi, convogli vecchi e lenti, e un divario sempre più forte tra nord e sud su qualità e quantità del trasporto su ferro. Grande dimenticato è il Mezzogiorno: qui le corse dei treni regionali e l’età media dei convogli sono anco­ra distanti dai livelli del resto d’Italia. Al Sud i treni sono più vecchi, l’età media dei convogli è di 18,1 anni, in calo rispetto a 19,2 anni del 2020 e dei 18,5 del 2021, ma ancora molto lontana dai 14,6 anni del nord. Due i casi record di “anzianità” dei parchi rotabili: in Molise l’età media è di 22,6 anni, in Calabria 21,4 anni.

Quattro delle dodici linee ferroviarie peggiori, segnalate da Legambiente nel 2024,  si concentrano al Sud, tra conferme e nuovi ingressi: le ex linee circumvesuviane (142 km, ripartiti su 6 linee e 96 stazioni, che si sviluppano intorno al Vesuvio, sia lungo la di­rettrice costiera verso Sorrento, sia sul versan­te interno alle pendici del Monte Somma, fino a raggiungere Nola, Baiano e l’Agro nocerino sarnese), la linea Catania- Caltagirone-Gela, e come new entry la linea Jonica che collega Taranto e Reggio Calabria, la linea adriatica nel tratto pugliese Barletta-Trani-Bari. Altra nota dolente, riguarda le linee ferrovie chiuse e sospese ormai da anni: come quella della Palermo-Trapani via Milo (chiusa dal 2013 a causa di alcuni smottamenti di terreno), della Caltagirone-Gela (chiusa a causa del crollo del Ponte Carbone l’8 maggio 2011) o quelle delle linee a scar­tamento ridotto che da Gioia Tauro portano a Palmi e a Cinquefrondi in Calabria, il cui servizio è sospeso da 11 anni e dove non vi è alcun pro­getto concreto di riattivazione. In Sicilia sono 1.267 i km di linee a binario unico, l’85% del totale di 1.490 km, mentre non sono elettrificati 689 km, pari al 46,2% del totaleImbarazzanti i tempi di percorrenza: ad esempio per andare da Trapani a Ragusa ci si impiegano 13 ore e 14 minuti, cambiando 4 treni regionali. In tutto ciò il dibattito pubblico e le risorse economiche per risolvere i problemi di mobilità del Mezzogiorno sembrano ruota­re attorno alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina con una spesa com­plessiva autorizzata di 11,63 miliardi di euro, suddivisi in 9 anni. Un’opera definita più volte da Legambiente inutile e insensata e dal forte impatto ambientale e paesaggistico. Per questo l’associazione ambientalista lancia oggi da Reggio Calabria e Messina, dove si presenta Pendolaria con un doppio appuntamento (quello del pomeriggio sarà a Messina), un appello al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini: “il tema dei pendolari e del trasporto su ferro diventi una priorità. Il Sud, a partire dalla Calabria e dalla Sicilia, non ha bisogno del Ponte sullo stretto di Messina, ma di potenziare le linee ferroviarie con nuovi treni, di puntare su elettrificazione e collegamenti più veloci via terra, di migliorare il trasporto via nave con l’acquisto dei traghetti Ro-Ro (Roll-on/Roll-off) e convertire le flotte attuali in traghetti elettrici”.

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“Bisogna – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – invertire la rotta e puntare su importanti investimenti per il no­stro Paese, a partire dal Mezzogiorno, finanziando le prioritarie infrastrutture: ossia nuove linee ferroviarie a doppio binario ed elettrificate, treni moderni, veloci, interconnessioni tra i vari mezzi di trasporto e con la mobilità dolce, garantendo accessibilità e uno spostamento dignitoso e civile. Il Governo Meloni non rincorra inutili opere come il Ponte sullo Stretto di Messina, ma pensi ai reali problemi di mobilità del Sud Italia e dell’intero Paese. Oggi la vera sfida da realizzare al 2030 è quella di un cambia­mento profondo della mobilità nella direzio­ne della decarbonizzazione e del recupero di ritardi e disuguaglianze territoriali.

“In Calabria e in Sicilia – dichiarano Anna Parretta, presidente Legambiente Calabria e Tommaso Castronovo presidente Legambiente Sicilia– si continua a viaggiare ed a spostarsi quasi come trenta anni fa. Il rapporto Pendolaria mette in luce il persistente divario infrastrutturale tra il Sud ed il Nord del Paese: circolano meno treni, i convogli sono mediamente più vecchi e si muovono su linee in larga parte a binario unico e non elettrificate con tempi di percorrenza che li rendono poco competitivi rispetto al trasporto su gomma. In Calabria ed in Sicilia servono collegamenti più sicuri e frequenti con l’adeguamento delle linee anche ai fini dell’alta velocità, treni tecnologicamente avanzati, stazioni rinnovate ed accoglienti. Quello di cui abbiamo bisogno è il triplo degli investimenti programmati, già da diversi anni, per migliorare ed ampliare l’offerta del servizio e il materiale rotabile oltre ad informazioni puntuali nel rispetto dei diritti dei passeggeri. Il Ponte sullo stretto oltre ad essere un’opera inutile, che drena ingenti risorse pubbliche e non risponde alle vere priorità di Calabria e Sicilia, è anche pericolosa perché sarebbe costruito in una zona ad alto rischio geotettonico e sismico e, sotto il profilo ambientale, metterebbe a rischio la conservazione di ambienti marini, costieri ed umidi di eccezionale bellezza”.

Scenario al 2030: Per Legambiente se davvero l’Italia vuole rispettare gli obiet­tivi del Green Deal europeo, del taglio delle emissioni del 55% entro il 2030 e al loro azzeramento entro il 2050, sarà necessario fino al 2030 prevedere nuovi finanziamenti pari a 500 milioni l’anno per rafforzare il servizio ferroviario regionale con l’acquisto e il revamping dei treni; 200 milioni l’anno per migliorare il servizio In­tercity o l’aumento di almeno 1 miliardo del Fondo Nazionale Trasporti (che fi­nanzia il trasporto su ferro e quello su gomma). Si tratta di una spesa alla portata del Paese attraverso un’attenta programmazione di finanziamenti europei, italiani e regionali. Le risorse si possono recuperare dai sussidi alle fonti fossili e inquinanti, oltre che ripensando a progetti stradali e autostradali dannosi per l’ambiente e per l’economia.

12 linee peggiori: Tornando al report e alle 12 linee ferroviarie peggiori 2024, oltre alle quattro del Meridione (ex linee circumvesuviane, la linea Catania- Caltagirone-Gela, la linea Jonica, la tratta Barletta-Trani-Bari), ci sono anche: la Roma-Lido, la Roma Nord, la Milano-Mortara, la Genova-Acqui-Asti (che vede ancora 46 km di binario unico sui 63 totali), la Verona-Rovigo, e come new entry la Ravenna-Bolognala Pinerolo-Torino (linea tra le piemontesi con il maggior numero di utenti all’anno, è al tempo quella che registra ritardi e soppressioni a livello di servizio ferroviario metropolitano) e il suo proseguimento Pinerolo-Torre Pel­lice la cui riattivazione del servizio, sospeso nel 2012, era incluso nel contratto per il servizio ferroviario metropolitano siglato dalla Regione e RFI nel 2019, ma la procedura è ancora ferma alla fase progettuale; la Grosseto-Siena dove permangono ancora rallentamenti e disagi per i viaggiatori.

La beffa dei tagli al PNRR: Nel 2023 il PNRR, che prevedeva ampi interventi sulle ferrovie, è stato rimodulato. 620 milioni per velocizzare il corridoio Roma-Pescara sono stati bloccati dalle lungaggini dell’iter amministrativo; l’intervento sul segnalamento ferroviario Ertms, il sistema di sicurezza per le ferrovie di ultima generazione, è saltato per la mancanza delle materie prime; la Palermo-Catania non sarebbe rientra­ta in tempo per il completamento degli interven­ti nel 2026, ed è stata quindi rimodulata. In totale, sul sistema di AV/AC al sud, 840 milioni di tagli: Orsara-Bovino (linea Napo­li-Bari) per 53 milioni, Caltanissetta Xirbi-Lerca­ra (linea Palermo-Catania) per 470 milioni, En­na-Caltanissetta Xirbi (linea Palermo- Catania) per 317 milioni. Per non depredare il sistema ferroviario delle molte risorse necessarie, la Or­te-Falconara e la Metaponto-Potenza, oltre ad altre tratte regionali, sono state incluse nei nuovi interventi previsti. Ridotti di un terzo i nuovi treni a idrogeno in acquisto: da 150 a 50.

All’incontro con la stampa hanno preso parte anche il consigliere regionale del Pd e componente della Commissione ambiente del Consiglio regionale, Giovanni Muraca; il sindaco di villa San Giovanni, Giusy Caminiti; l’assessore all’ambiente del Comune di Villa San Giovanni, Ruggiero Marra; il consigliere comunale movimento “La strada” di Reggio Calabria, Saverio Pazzano; il segretario regionale Filt Cgil Calabria, Salvatore La Rocca; il segretario Filt Area metropolitana di Reggio Calabria, Mimmo Laganà; il segretario confederale Cgil, Pasquale Marino. Ed inoltre, anche numerosi rappresentanti di Legambiente e di altre Associazioni ambientaliste della Calabria e della Sicilia.

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