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domenica, 28 Dicembre, 2025
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“Hanno arrestato i miei pulcini”

«Hanno arrestato i miei pulcini». Comincia così il lungo intervento pubblicato su facebook da Rosario Esposito La Rossa, il direttore della casa editrice Marotta&Cafiero che è nato e cresciuto a Scampia e, nel quartiere della periferia nord di Napoli, ha aperto la libreria La Scugnizzeria. Esposito La Rossa racconta con delicatezza, amarezza e malinconia la parabola di un gruppo di giovani, che conobbe quando erano bambini e che sono finiti in manette due giorni fa nell’ambito di una inchiesta della direzione distrettuale antimafia contro il clan camorristico della Vanella Grassi culminata in 51 arresti. «Qualche anno fa – scrive – alla scuola calcio del mio quartiere ho allenato una squadra scarsa, ma veramente scarsa. Talmente scarsa che non abbiamo giocato nemmeno a undici, ma calcio a cinque. Nessuno li voleva questi dieci ragazzi brutti, sporchi e cattivi. Mi sono fatto carico di loro per un anno». Prosegue il racconto: «Non ho mai visto i loro genitori. Ho incontrato i nonni, le matrigne, i tutori, ma i loro papà e le loro mamme mai. Vele di Scampia, Case dei Puffi, Oasi del Buon Pastore, abitavano tra le piazze di spaccio. Era una impresa firmare pure il cartellino, nessuno si assumeva la responsabilità. Il portiere era malato di cuore e non poteva nemmeno giocare. Facevano i bulli, ma poi in fin dei conti erano dei cazzoni. Non pagavano la retta, non avevano i soldi per le scarpette. Siamo arrivati in finale». Scrive ancora l’editore di Scampia: «Qualcuno ha fatto cortometraggi. Teatro con la nostra associazione. Uno di loro voleva diventare domatore di leoni. Ci stava riuscendo». I pulcini sono finiti nella retata di due giorni fa, arrestati alle cinque del mattino mentre il rumore delle pale degli elicotteri delle forze dell’ordine svegliava i residenti. «Si ritroveranno tutti – immagina il libraio di Scampia – nel cortile di Poggioreale a fare i palleggi. Sono cresciuti senza genitori, in mezzo ai tossici ed agli spacciatori. Uno di loro non lo dimenticherò mai, aspettava che il padre uscisse di galera dopo otto anni. Praticamente non lo aveva mai visto. Viveva con la sua matrigna. Voleva far vedere a suo padre almeno una sua partita. Fargli vedere la fascia di capitano. La camorra uccise suo padre quattro giorni dopo la scarcerazione. Erano tutti Mowgli senza Bagheera e Baloo». La chiosa è un misto di rabbia ed impotenza: «È giusto che paghino. Lo Stato, totalmente assente nella loro vita, li ha condannati. Non so quando usciranno, non so come usciranno. So solo che abbiamo fallito tutti perché una società che non è capace di prendersi cura dei suoi cuccioli più deboli è dalla parte di Shere Kan. Siamo tutti colpevoli, nessuno è innocente». Colpevoli, in sostanza, di non avere fatto abbastanza per evitare che la tigre camorra ghermisse i cuccioli di uomo che giocavano a pallone ed erano arrivati in finale. Responsabili per non avere saputo esercitare nei confronti di quei bambini che si affacciavano al mondo quel ruolo di protezione che, nel romanzo di Kipling, svolgono nei confronti di Mowgli l’orso Baloo e la pantera Bagheera. (Fonte: Corriere.it)

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