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venerdì, 17 Maggio, 2024
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Giovanni Falcone: “Non c’è un omicidio sbagliato, finora in seno a Cosa Nostra”

«Non c’è un omicidio sbagliato, fin’ora in seno a Cosa nostra. Quando si uccide Dalla Chiesa tutti dissero “è stato commesso un errore storico”…poi hanno ucciso Chinnici, anche questo errore storico, poi hanno ucciso Cassarà, e hanno detto “altro errore storico”. E continuiamo a fare errori storici. Non hanno sbagliato. Hanno sempre indovinato. Hanno colpito al momento giusto, il che dimostra, a parte la ferocia e la determinazione una assoluta conoscenza di notizie di prima mano. Perché nel momento in cui tu butti a mare Cassarà per esempio tu metti in ginocchio la squadra mobile. Nel momento in cui uccidi il colonnello Russo in un determinato momento,  provochi quello che provochi. Nel momento in cui uccidi prima il capitano Basile e poi il Capitano d’Aleo a Monreale crei problemi serissimi per diversi anni a venire. Uccidendo Saetta creano problemi enormi nel momento in cui il Maxi e tutti gli altri processi dovranno essere esaminati in grado d’appello. L’epicentro della mafia è sempre Sicilia e Palermo. Non si può far parte e gestire Cosa nostra se non hai il controllo del territorio nei punti cardine altrimenti duri lo spazio di un mattino. L’organizzazione di cosa nostra è un qualcosa che investe tanto a reticolo tutto il territorio che basta che solo alcuni diano gli ordini, tutto il resto diventa un fatto automatico».

Questo è il testo di un audio inedito di Giovanni Falcone del 1989, tre anni prima della sua morte, riportato da “Askanews”. Un documento eccezionale, testamento del magistrato antimafia la cui memoria è più viva che mai dopo 30anni.

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Erano le 17:57 del 23 Maggio 1992 quando Cosa Nostra, nei pressi di Capaci, con una carica composta da tritolo, RDX e nitrato d’ammonio con potenza pari a 500 kg di tritolo uccise Giovanni Falcone e sua moglie Francesca Morvillo. In quella macchina c’erano 3 persone: la moglie di Falcone, che soffriva il mal d’auto, si sedette davanti al posto del passeggero; il magistrato allora decise di guidare lui così l’autista si sedette sul sedile posteriore. Giuseppe Costanza, fu l’unico sopravvissuto della macchina: «Quando mi risvegliai in ospedale, c’era Paolo Borsellino. Ma la mia strage è iniziata dopo l’attentato: in tribunale mi facevano fare il tappabuchi. E non sono mai stato invitato alle cerimonie per gli anniversari. A volte ho pensato che in questo paese è una disgrazia se rimani vivo. Il dottore e la moglie, Francesca Morvillo, oltre a professionisti straordinari, erano bellissime persone normali».

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