(Adnkronos) – E' stato l'ebreo polacco Raphael Lemkin, sconvolto dal massacro degli armeni nell'impero ottomano, a dedicare la sua vita, sin dall'inizio degli anni Venti del Novecento, prima ancora che i nazisti lo costringessero a fuggire negli Stati Uniti, al riconoscimento del ''crimine senza nome'', come lo aveva descritto Wiston Churchill nel discorso del 24 agosto del 1941 di denuncia del progetto dei nazisti per la distruzione degli ebrei. Fu solo dopo una lunga riflessione che Raphael Lemkin coniò il termine "genocidio" che venne accolto dalla comunità internazionale dopo molti anni ancora. Nel dicembre del 1948 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite riunita a Parigi approva l'introduzione della Convenzione sulla prevenzione e la punizione del crimine di genocidio, entrata in vigore nel gennaio del 1951, ratificata in Italia già nel 1952, negli Stati Uniti solo nel febbraio del 1986. La lotta di Raphael Lemkin per il riconoscimento del termine La storia di Raphael Lemkin e quella del termine genocidio inizia quando, studente di filologia a Leopoli legge dell'assassinio a Berlino, il 14 marzo del 1921, di Talaat Pascià l'ex ministro degli interni turco responsabile del massacro degli armeni, da parte di un sopravvissuto, Sogomon Tehlirian. 'E' reato per Tehlirian uccidere un uomo, ma non lo è per il suo oppressore uccidere più di un milione di uomini? Questo è quanto di più incoerente possa esistere'', cominciò subito a chiedere, inascoltato, Lemkin, prima di trasferirsi alla facoltà di legge, per diventare giurista e dedicarsi a tempo pieno alla questione dell'impunità di cui godevano i responsabili di assassini di massa. Nel 1933, pubblico ministero per il Tribunale distrettuale di Varsavia, Lemkin presenta in una conferenza a Madrid il suo primo progetto per punire le pratiche di ''barbarie'' e ''vandalismo'', vale a dire la distruzione di gruppi di persone e di un patrimonio culturale, "l'essenza di quello che avrebbe poi definito genocidio" – come scrive Gariwo, la fondazione che opera per far conoscere e promuovere le storie di chi ha scelto il Bene, anche nei momenti più bui della storia – e di una legge che protegga i Paesi e le minoranze, un pensiero che il giurista inizia a maturare nei boschi in cui si rifugia dopo che i tedeschi bombardano il treno su cui era fuggito da Varsavia pochi giorni dopo l'invasione della Polonia da parte della Wermacht. Una volta arrivato in America, Lemkin, che aveva denunciato ben prima del settembre del 1939 che l'Europa stava andando incontro a una catastrofe, porta avanti un'altra battaglia, per sollecitare l'intervento degli Stati Uniti, bloccare i nazisti e salvare le vite di milioni di civili innocenti. L'ispirazione dalle memorie di George Eastman e il suo 'Kodak' La sua formazione di filologo lo porta a capire l'importanza di scegliere con cura il termine con cui connotare lo sterminio di massa, ma anche la deportazione di massa e lo sfruttamento economico, la morte progressiva per inedia e la soppressione della cultura di un popolo e della sua trasmissione. Legge, con particolare attenzione le memorie di George Eastman, e di come coniò il termine 'Kodak' per dare nome alla sua nuova macchina fotografica, un termine che non poteva essere usato in altri contesti, esattamente come quello che cercava lui. Che era interessato pero' anche a una parola che fosse capace anche di raggelare il sangue, come ha ricostruito Samantha Power nel suo libro sulla storia dei genocidi "Voci dall'inferno" pubblicato nel 2002. Da che deriva l'espressione genocidio Fu così che nel 1946 Lemkin associò alla radice ''geno'' in greco significa razza, tribu', con il suffisso 'cidio'', dal tema del verbo latino tagliare, uccidere. Il primo ad accettare il nuovo termine fu il Webster's. Nel 1953 fu introdotto nell'Enciclopedia Larousse. L'Oxford English Dictionary lo fece nel 1955. ''Sembra incoerente con i nostri concetti di civiltà stabilire che vendere una droga a un individuo sia una questione di interesse mondiale, mentre gasare milioni di essere umani è un problema di esclusivo interesse interno" aveva scritto in una lettera inviata al New York Times, una delle moltissime missive che scrisse negli anni a quotidiani, governi, parlamenti, Presidenti, incluso Roosvelt. "Sembra anche incoerente con la nostra filosofia di vita che il rapimento di una donna a fini di prostituzione sia un crimine internazionale mentre la sterilizzazione di milioni di donne resta un affare di stato interno allo stato in questione''. Chi era Raphael Lemkin Lemkin è nato il 24 novembre dl 1900 a Wolkowysk, oggi in Bielorussia allora nell'impero russo. E' la madre, pittrice, linguista e studiosa di filosofia, a istruirlo, dal momento che agli ebrei è vietato studiare nelle città russe. Durante la prima guerra mondiale i Lemkin sono costretti a sotterrare libri e oggetti di valore e si nascondono in una foresta. Sopravvive, studia. Impara a parlare nove lingue, e riesce a leggerne 14. Dopo la laurea in legge e il brillante inizio di carriera come procuratore, viene costretto a dimettersi, accusato di voler fare gli interessi solo degli ebrei e non di tutti i polacchi con la sua proposta per l'introduzione dei crimini di guerra di barbarie e vandalismo. Arriva negli Stati Uniti nel 1941. I nazisti sono responsabili della morte di 49 suoi parenti. Scrive il libro 'Axis Rule' in cui, in 712 pagine che avrebbero dovuto nelle sue intenzioni essere rivolto a tutti, raccoglie tutte le leggi anti semite in vigore nei 19 Paesi, occupati dalla Germania, e in cui per la prima volta compare il termine di genocidio. Dopo il processo di Norimberga, opera con tutte le sue energie per fare approvare la Convenzione per la prevenzione e la repressione del genocidio all'Onu, "accampandosi ogni giorno tra i corridoi della sede alla ricerca di funzionari da convincere". Insiste nel sottolineare che il genocidio può avvenire anche in contesti di pace e non è associato esclusivamente allo sterminio fisico. Muore a 59 anni a New York il 28 agosto del 1959 "senza amici, senza un soldo e solo". Gli articoli della Convenzione La Convenzione è composta da 19 articoli, il primo dei quali "conferma che il genocidio, che sia commesso in tempo di pace o in tempo di guerra, è un crimine di diritto internazionale". Genocidio significa, spiega il secondo articolo della Convenzione, il compimento di almeno una delle seguenti azioni "con l'intento di distruggere, in parte o nel tutto, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso": l'uccisione di membri del gruppo, lesioni gravi all'integrità fisica o mentale di membri del gruppo, il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale, misure miranti a impedire nascite all'interno del gruppo, il trasferimento forzato di minorenni da un gruppo a un altro. —internazionale/[email protected] (Web Info)
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