Si è svolto, nelle scorse ore, il quarto evento ufficiale del calendario estivo del Festival delle Erranze e della Filoxenia. Protagonisti: un campo di grano dorato; un terrazzo sospeso a settecento metri di quota tra l’azzurro del Tirreno ed il verde del Monte Mancuso; l’asina Carolina; i Briganti del Mancuso (associazione organizzatrice); l’ombra di alcune grandi querce; il sole dell’estate calabra; zia Lisetta e zio Michele; la comunità dell’antico borgo di Falerna superiore; un centinaio di ospiti provenienti da tutta la Calabria e oltre.
A metà pomeriggio di domenica un lungo serpentone colorato, dopo i saluti di Luca Mendicino, de I Briganti del Mancuso, e di Francesco Bevilacqua, del Festival, è partito a piedi dalle ultime case alte del borgo per raggiungere il grande terrazzo naturale occupato dalla piantagione di grano, sfilando in mezzo alla gialla distesa di spighe ancora macchiata dai colori sgargianti di qualche fioritura tardiva. Un cerchio di querce ha accolto i camminatori, che, ristorati dall’ombra e rifocillati dal fresco vino falernese e dall’acqua contenuti nelle “vozze” di terracotta, hanno ascoltato il racconto dell’agronomo Michele Ferraina sulle caratteristiche del grano tipico della zona e sulle varie fasi della coltivazione e della lavorazione. Gli anziani del paese, dotati di falci e di “guanti” di canna (per proteggere le dita) hanno mietuto a mani, rievocando un rito che si perde nella notte dei tempi. Mentre giovani falernesi in costume tradizionale allietavano tutti con suoni, canti e danze.

Francesco Bevilacqua ha tenuto a sottolineare come iniziative come queste non devono avere esclusivamente una funzione ludica e di divertimento, ma hanno, invece, l’importante finalità di collegare passato e futuro, identità e ideazione. Il grano, sino a metà Novecento coltivato quasi dappertutto in Calabria, era prodotto in loco per il fabbisogno delle popolazioni locali e in parte anche esportato (dalle grandi estensioni del latifondo crotonese, ad esempio).




















