Secondo gli psicologi, bambini e adolescenti sono stati una delle categorie più danneggiate dal lockdown e per questo il Dpcm firmato stanotte da Conte – che dispone una seconda, seppur differenziata, chiusura del paese – ha tentato di prevedere misure per ridurre l’incidenza delle restrizioni sul benessere psicofisico dei ragazzi. Un’accortezza che lo scorso marzo era mancata a causa della rapidità della pandemia e l’assoluta impreparazione a un simile stato di crisi.
In realtà, uno specifico protocollo sul tema (nel decreto attuale si tratta dell’allegato 8) esisteva già quando iniziò la prima quarantena. E nel concreto l’unica vera differenza con quello odierno è il mantenimento della didattica in presenza per scuole materne, primaria e prima media.
La partita più importante, da subito, si è giocata sulla scuola, e nei fatti Governo e Miur sembrano averla persa. Dopo tanti proclami e dichiarazioni di sicurezza, ma soprattutto dopo milioni di sanificazioni e quintali di dispenser igienizzanti e dispositivi di protezione individuale, ugualmente si torna alla drammatica Dad, incubo di prof, genitori e studenti. Peraltro, nelle ultime settimane, a seguito della Campania altri territori avevano già avviato la frequenza da casa, persino alla primaria. Insomma, nessuno ci ha mai creduto. Non è servito a nulla diversificare gli ingressi, misurare le distanze tipo scena del crimine e persino riuscire a far arrivare nelle aule i fantasiosi banchi a rotelle (giunti in pochi istituti solo alla vigilia della sospensione della didattica in classe…). Mentre i tablet richiesti dalle famiglie per far fronte ai problemi connessi alle lezioni in remoto, in molte regioni non sono mai stati spediti alle scuole. Però ugualmente, per chi ha mezzi e chi non li ha, da domani la secondaria superiore sarà a distanza al 100% ovunque, e nelle zone rosse anche seconda e terza media. E dai 6 anni obbligo di indossare la mascherina pure al banco, con l’eccezione di soggetti che non possano farlo per motivi di salute.
Insieme alla scuola il tema caldo sono i servizi educativi e ricreativi per i minori. Non chiudono per il citato ragionamento sugli effetti nefasti della solitudine digitale sui giovanissimi, ma il nodo vero è stato il rischio di bloccare a casa intere famiglie, impossibilitate a lavorare dovendo stare a casa con i figli piccoli.
Il nuovo protocollo, che fa capo al dipartimento delle politiche per la famiglia, si concentra dunque soprattutto sulla gestione delle attività di asili, ludoteche e servizi per l’infanzia, che restano aperti anche nelle aree considerate ad alto rischio, riconoscendo come diritti fondamentali dei minori “l’incontro sociale, il gioco e l’educazione”. L’altra parallela esigenza, il contenimento del contagio, passa attraverso tre pilastri: il rapporto individuale tra bambino e adulto evitando l’interazione con persone esterne; l’organizzazione degli spazi; le attività di disinfezione e igiene. Con queste premesse i parchi cittadini e quelli tematici, per ora, non chiuderanno. Ma nonostante ogni cautela organizzativa, nelle zone rosse lo sport di base non agonistico di tutti i generi (non solo di contatto) è sospeso.
Ci sono poi i ragazzi con disabilità o bisogni speciali. A loro, anche nelle aree di chiusura più rigida, è consentito di non portare la mascherina e andare a scuola in presenza in ogni ordine e grado (insieme a insegnanti di sostegno, educatori o assistenti). Sottolineando però che la relazione con i compagni deve essere sempre garantita, e il Governo la fa facile: per mettere la spunta a quest’inezia dell’inclusione, basta prevedere che i docenti, soli in una scuola deserta accanto ai loro allievi, debbano collegarsi dalle classi con i ragazzi che sono a casa. Un saluto con la manina al microfono e la socializzazione degli studenti con disabilità è salva.
Isabella Marchiolo