La porta, come spazio concreto e simbolico che favorisce l’incontro, la comunicazione tra carcere e vita esterna e il passaggio dalla disperazione alla speranza. È il cammino intrapreso dalla Fondazione Pontificia Gravissimum Educationis del Dicastero per la cultura e l’educazione. Il percoso “Le porte della speranza”, promosso dalla fondazione, darà vita a degli “usci” artistici, dei monumenti, che saranno posti all’ingresso degli istituti penitenziari, come segno, visibile ai cittadini, di una relazione possibile tra società e mondo carcerario. “È nello spirito del Giubileo e dalla visione di Papa Leone XIV, come si vedrà nella esortazione apostolica Dilexi te, – ha affermato il cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero – che si manifesta il desiderio di portare avanti l’apertura di porte, l’apertura di gesti, di consapevolezze che possano dare corpo a una vera e necessaria pedagogia della speranza”.
Davide Rampello, curatore del progetto insieme al suo studio, ha spiegato che le porte saranno realizzate servendosi dei tre materiali della Croce di Cristo: il legno, il metallo e la pietra. Le città e le personalità coinvolte nell’iniziativa sono Venezia, con il regista Mario Martone, Milano, con il designer Michele De Lucchi, Roma, con il pittore e scultore Gianni Dessì, Napoli, con l’artista Mimmo Palladino, Palermo, con il cuoco Massimo Bottura, Lecce, con il designer Fabio Novembre, Reggio Calabria con l’astrofisica Ersilia Vaudo, Brescia con l’architetto Stefano Boeri. Il dialogo tra queste figure del mondo culturale e la comunità carceraria darà vita alle creazioni anche grazie a una specie di “bottega rinascimentale” che il progetto metterà a disposizione, con il sostegno della Fondazione Cariplo, per la quale è intervenuto in collegamento il presidente Giovanni Azzone. Alla conferenza ha partecipato da remoto anche la ministra della Giustizia della Repubblica Portoghese Rita Júdice. Nel Paese lusitano saranno infatti realizzate due residenze artistiche nel carcere giovanile di Leiria e in quello di Tires. La ministra ha sottolineato l’importanza dell’arte per preparare le persone detenute a una nuova vita, perché ogni istituto penitenziario ha come obiettivo la risocializzazione dei carcerati e il loro inserimento nel mondo del lavoro.
Le porte della speranza gode della imprescindibile collaborazione del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia della Repubblica Italiana, del quale è a capo Stefano Carmine De Michele, che osserva: “Le porte della speranza per noi è molto più di un’iniziativa artistica, è un cammino. Un cammino che attraversa simbolicamente le mura del carcere aprendole alla luce del dialogo, dell’ascolto, della bellezza e soprattutto del rispetto della dignità umana”. È infatti il reinserimento sociale, come vuole la Costituzione italiana, e non solo l’esecuzione della pena lo scopo della detenzione. Le persone in carcere dialogando e collaborando con gli artisti potranno, secondo De Michele, “rielaborare in modo positivo la propria esperienza detentiva, dare forma al vissuto interiore e trasformare perciò la sofferenza in espressione”. Il contatto tra carcere e società sarà quindi “una soglia tra il passato e il possibile, tra l’errore e il cambiamento, tra l’isolamento e il ritorno alla comunità”.