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martedì, 14 Maggio, 2024
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Da Fedez a Pietro Grasso, indignazione per il nuovo stop al ddl Zan sui reati di omotransfobia

Eco di reazioni indignate dopo l’ennesimo stop al Senato per il ddl Zan sul riconoscimento dell’omotransfobia come reato. La Lega sta facendo ostruzionismo per impedire la calendarizzazione del disegno di legge nella commissione giustizia, chiesta da Pd, M5s, Italia Viva, Gruppo misto e Autonomie. Già approvato alla Camera lo scorso 4 novembre, il ddl è vicino alla conclusione dell’iter ma oggi Matteo Salvini ha scatenato nuove polemiche ammonendo sul rischio che una discussione che trova i senatori discordi possa creare divisioni in un momento così delicato per il Paese.
Mentre i sostenitori del testo dichiarano che andranno avanti, a favore del ddl sono scesi in campo personaggi dello spettacolo come Elodie e Fedez. La cantante ha commentato con sconcerto: “Siete indegni, questa gente non dovrebbe stare in parlamento”. In un videomessaggio social, il rapper si è rivolto invece al nemico numero uno del mondo Lgbt, il senatore Simone Pillon (e non per la prima volta), ricordando come una tutela statale contro l’omotransfobia sia “priorità per difendere la libertà di tutti i cittadini” e spiegando che suo figlio gioca con le bambole e va bene così: “Non desta alcun tipo di turbamento in me, e non desterebbe alcun tipo di turbamento in me nemmeno su un giorno dovesse avvertire l’esigenza di truccarsi, di mettersi il rossetto, di mettersi lo smalto o una gonna, perché mio figlio ha il diritto di esprimersi come meglio crede”.
E’ proprio questa, la terribile ideologia gender, a spaventare familisti e oppositori del ddl Zan. Dal 2018, anno di presentazione del progetto di legge, una serrata propaganda psicologica a colpi di bufale e mostri immaginari racconta di scenari dove l’educazione sessuale a scuola instillerà nei bambini una sorta di omosessualità indotta e si rischierà la galera rivolgendo la parola a un gay (ovvero, dicono i detrattori, non avremo più libertà di espressione). In realtà la legge proposta da Alessandro Zan, che riunisce anche i testi presentati nel tempo da Laura Boldrini e Ivan Scalfarotto, prevede una clausola precisa sul punto: “Sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”. Infatti ad essere sanzionabili con reclusione fino a 4 anni e multe fino a 6000 euro saranno non una legittima opinione su omo e transessualità (ancorché civile e non aggressiva) ma atti di discriminazione o violenze (compiuti o istigati) fondati “sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere o sulla disabilità”, con le aggravanti della finalità discriminatoria e d’odio. Pure la grande paura delle fantomatiche lezioni di orientamento sessuale nelle scuole è un altro fake. La legge prevede infatti che nell’offerta formativa scolastica siano previsti programmi di sensibilizzazione per educare al rispetto e prevenire la violenza – non certo per plagiare i bambini ad identificarsi in un sesso diverso, che intanto è un’autentica assurdità e inoltre in quel caso rappresenterebbe un altro reato.
Due mancate convocazioni della commissione e l’idea di indicare come relatore proprio Pillon sono le strategie utilizzate dalla Lega per far arenare la legge Zan. Un tira e molla che non potrà durare a lungo. In una lettera formale condivisa dai capigruppo Pd, M5s, Iv e Autonomie in Commissione Giustizia, Pietro Grasso (LeU) ha invitato il presidente leghista della commissione, Andrea Ostellari a convocare l’Ufficio di presidenza, ribadendo che ‘”sui diritti non si arretra di un millimetro”.
Sulla vicenda è intervenuta Mirella Giuffré, presidente Agedo (associazione genitori, parenti e amici di persone omosessuali) di Reggio Calabria. In una nota, scrive: “Vi sentiamo spesso in ogni occasione parlare con molta enfasi di figli e famiglie da difendere e tutelare ma quando siamo al dunque ci sembrate contraddittori. Le nostre sono famiglie e loro sono figli nostri e vostri non marziani o forse non siamo degni della vostra attenzione perché imperfetti? E’ ora di finirla e di essere conseguenti con quello che dite. La legge sul contrasto alla omo-lesbo-bi-transfobia é in dirittura d’arrivo e a vostro parere non é degna nemmeno di essere messa a calendario dei lavori e siete disponibili a fare le barricate contro. Ma i media pieni tutti i giorni di episodi di aggressioni e insulti, in nome di una supposta morale, li vedete o no? Perché la normalità e la naturalezza nostra e delle nostre figlie e figli vi disturba così tanto? Forse le nostre famiglie valgono meno delle altre?  Perché ignorare che tutti i paesi europei più avanzati hanno norme ben più progredite senza che a nessuno sia impedito di esprimere le proprie idee? Avete una occasione storica per tutelare anche noi. Non sprecatela”.
Nella città dello Stretto lo scontro tra i familisti e i sostenitori dei diritti Lgbt è da tempo molto acceso. La vicenda più clamorosa riguardò l’istituzione del registro delle unioni civili, approvato nel 2015 durante una seduta di consiglio comunale che vide la strenua opposizione del consigliere di Forza Italia Massimo Ripepi, già padre spirituale della chiesa cristiana di Catona (comunità recentemente al centro della cronaca per un caso di violenza su minore che ha coinvolto alcuni fedeli). Lo stesso Ripepi, per contrastare l’approvazione del registro, aveva in precedenza presentato una mozione intitolata “Iniziative per la tutela della famiglia naturale”, sui cui contenuti, durante un dibattito pubblico, si era espresso criticamente il movimento cittadino femminista Collettiva AutonoMia, che fa parte della rete nazionale “Non una di meno”. Nei mesi successivi Luciana Bova Vespro, fondatrice di Collettiva AutonoMia, fu bersagliata di insulti (anche attraverso pagine social create appositamente), ad opera di un componente della chiesa di Catona, poi denunciato per diffamazione. Il relativo processo è iniziato lo scorso gennaio e – senza entrare nel merito giudiziario – l’odio manifestato verso le posizioni antiomofobe dell’attivista (da sempre vicina anche alla lotta della comunità reggina Lgbt) appare confinante con la sfera di applicazione della futura legge Zan.
Isabella Marchiolo

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