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sabato, 20 Aprile, 2024
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Covid, mini-focolaio tra archivisti. Sotto accusa le cartelle dei malati

Il 4 maggio, esattamente in corrispondenza con la fine del lockdown, una dipendente dell’ospedale San Carlo risulta positiva al coronavirus. Non si tratta di un medico o un’infermiera a stretto contatto con i malati, bensì di una amministrativa che lavora nella «centrale cartelle», da cui passano appunto le cartelle cliniche dei pazienti. È il primo allarme di un focolaio negli uffici dell’ospedale, tardivo rispetto al picco dell’epidemia. Scatta l’indagine epidemiologica sui colleghi della donna: in tutto risulteranno nove persone infettate sulle ventisette che vengono sottoposte al test, due delle quali saranno ricoverate in terapia intensiva. Non è chiara l’origine di questo cluster e nemmeno il perché il virus si sia diffuso tra i dipendenti, nonostante l’uso dei dispositivi di protezione. L’Usi Sanità (Unione sindacale italiana) ritiene che siano mancate direttive chiare dall’ospedale e ha scritto all’Ats chiedendo verifiche approfondite. «Riteniamo molto superficiali le raccomandazioni apparse in data 15 maggio, solo dopo i contagi — si legge nella nota inviata dal sindacato — rivolte ai lavoratori nel trattamento e nel trasporto delle cartelle cliniche infette. Non vi è nessuna chiarezza sui comportamenti, percorsi e dispositivi di protezione da usare». In soldoni, spiega Giovanni Santinelli dell’Usi, le cartelle cliniche dei pazienti potrebbero essere state veicolo del contagio. «Servivano mascherine Ffp2 e camici più protettivi per i dipendenti». L’ospedale rigetta l’ipotesi e spiega di aver predisposto già all’inizio dell’emergenza le procedure per la gestione della documentazione clinica. In particolare, le cartelle dei reparti Covid — che vengono compilate all’esterno delle stanze di degenza — seguono un percorso separato. Una volta che i documenti arrivano alla Centrale, rimangono in una stanza di archiviazione a decantare per 72 ore. Chi le maneggia deve indossare i necessari dispositivi di protezione. L’unica variazione nella routine risale alla fine di aprile, quando la Centrale è stata spostata di sede, ma il San Carlo assicura che le procedure sono rimaste invariate. «I primi contagi risalgono a quel periodo» fa notare Santinelli. Inoltre, dopo il primo caso emerso, tutto il personale della direzione medica di presidio è stato sottoposto a tampone e gli uffici sono stati bonificati. Le condizioni dei due lavoratori in rianimazione starebbero migliorando. E dà segni di miglioramento anche il trend regionale dell’epidemia. In base al bollettino di ieri, 2 giugno, sono 187 i nuovi positivi in Lombardia, in aumento rispetto a lunedì ma con un numero maggiore di tamponi analizzati (più di 8 mila). Sono 45 i nuovi contagi emersi nella provincia di Milano, di cui 12 in città, altri 36 nel Bresciano e 14 nella provincia di Bergamo. In base ai dati diffusi ieri dalla Regione si contano 166 pazienti ricoverati in rianimazione, mentre 3.021 persone si trovano in altri reparti ospedalieri a media intensità di cura. Il report, infine, registra 12 decessi per Covid-19, per un totale di 16.143 dall’inizio dell’emergenza. (Fonte: Corriere della sera)

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