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mercoledì, 4 Dicembre, 2024
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Covid Italia, Istituto superiore di sanità: “Per no vax fino a 7 volte più alto rischio morte”

Il tasso di mortalità per Covid risulta essere 7 volte più alto per i non vaccinati rispetto a chi invece è protetto con la vaccinazione completa di richiamo. E’ quanto emerge dall’ultimo report esteso dell’Istituto superiore di sanità sull’andamento di Covid-19 in Italia. Le persone non vaccinate rispetto a quelle vaccinate, corrono un rischio fino a 7 volte maggiore di morte e fino a 3,5 volte più alto di ricovero in terapia intensiva.

Il tasso di mortalità standardizzato per età, relativo alla popolazione di età pari o superiore a 12 anni, su 100mila persone nel periodo 13 maggio-12 giugno 2022, per i non vaccinati risulta nel dettaglio pari a 11 decessi per 100.000 abitanti, “circa sei volte più alto rispetto ai vaccinati con ciclo completo da meno di 120 giorni (2 decessi per 100.000 abitanti) e circa 7 più alto (7,1) rispetto ai vaccinati con dose aggiuntiva/booster (2 decessi per 100.000 abitanti)”. Dato che raggiunge le 8 volte e mezzo (8,5) sulla popolazione over 80.

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Quanto al tasso di ricoveri in terapia intensiva, nel periodo 20 maggio-19 giugno per i non vaccinati è stato di 2 ricoveri per 100.000 abitanti e risulta “doppio rispetto ai vaccinati con ciclo completo da meno di 120 giorni e circa tre volte e mezzo più alto rispetto ai vaccinati con dose aggiuntiva/booster”. Il tasso di ospedalizzazione, nel periodo 20 maggio-19 giugno per i non vaccinati (56 ricoveri per 100.000 abitanti) risulta all’incirca due volte e mezzo più alto rispetto ai vaccinati con ciclo completo da meno di 120 giorni (22 ricoveri per 100.000 aitanti) e oltre tre volte e mezzo più alto rispetto ai vaccinati con dose aggiuntiva/booster (16 ricoveri per 100.000 abitanti.
884mila contagi in 2 settimane, cresce quota asintomatici
Nelle ultime due settimane censite sono stati segnalati in Italia “884.539 nuovi casi, di cui 352 deceduti (valore che non include le persone decedute nel periodo con una diagnosi antecedente al 13 giugno 2022)”. Nei 14 giorni precedenti, secondo il rapporto di settimana scorsa, i casi segnalati erano stati 583.029. Quindi i nuovi contagi sono aumentati di circa 300mila. “In aumento rispetto alla settimana precedente la percentuale di casi segnalati con stato clinico iniziale asintomatico (73%)”, rileva l’Iss. Stabile, rispetto alla precedente settimana, la percentuale di casi tra gli operatori sanitari rispetto al resto della popolazione (2,4%).

Aumentano le reinfezioni
Continua a crescere la quota di italiani contagiati da Sars-CoV-2 dopo aver già superato precedenti infezioni Covid. Ormai più di un caso su 10 fra quelli censiti in 7 giorni nel Paese risulta essere una reinfezione. “Nell’ultima settimana – si legge – la percentuale di reinfezioni sul totale dei casi segnalati risulta pari al 10,8%, in aumento rispetto alla settimana precedente (9,6%, dato con tempi di consolidamento maggiori rispetto ad altre informazioni)”. Complessivamente, si legge, “dal 24 agosto 2021 al 6 luglio 2022 sono stati segnalati 659.578 casi di reinfezione, pari a 4.6% del totale dei casi notificati”.
L’analisi del rischio di reinfezione a partire dal 6 dicembre 2021 (data considerata di riferimento per l’inizio della diffusione della variante Omicron), evidenzia un aumento del rischio relativo aggiustato di reinfezione (valori significativamente maggiori di 1) “nei soggetti con prima diagnosi di Covid notificata da oltre 210 giorni rispetto a chi ha avuto la prima diagnosi di Covid fra i 90 e i 210 giorni precedenti; nei non vaccinati o vaccinati con almeno una dose da oltre 120 giorni rispetto ai vaccinati con almeno una dose entro i 120 giorni; nelle femmine rispetto ai maschi. Il maggior rischio nelle donne può essere verosimilmente dovuto alla loro maggior presenza in ambito scolastico (sopra l’80%) dove viene effettuata una intensa attività di screening e al fatto che le donne svolgono più spesso la funzione di caregiver in ambito familiare”.
Ancora, il rischio reinfezione risulta aumentato “negli operatori sanitari rispetto al resto della popolazione” e “nelle fasce di età più giovani (dai 12 ai 49 anni) rispetto alle persone con prima diagnosi in età compresa fra i 50-59 anni. Verosimilmente il maggior rischio di reinfezione nelle fasce di età più giovani è attribuibile a comportamenti ed esposizioni a maggior rischio, rispetto alle fasce d’età over 60”, conclude l’Iss.
(Adnkronos)

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