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venerdì, 26 Aprile, 2024
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Reventinum, rinviati a giudizio 6 imputati. Rito abbreviato per altri 6

LAMEZIA TERME – Il 15 dicembre inizierà il processo per gli imputati che sono stati rinviati a giudizio davanti al tribunale di Lamezia, per altri che hanno chiesto il rito abbreviato davanti al gup di Catanzaro l’udienza proseguirà il 20 ottobre prossimo. Così si è pronunciato il gup di Catanzaro, Pietro Carè, nei confronti degli imputati rimasti coinvolti nell’operazione “Reventinum” che a gennaio 2019 fece scattare 12 arresti, su richiesta della Dda, per le accuse a vario titolo, di estorsione, sequestro di persona, violenza privata, danneggiamento a seguito di incendio, detenzione illegale di armi, aggravati dal metodo e dalle finalità mafiose. Le indagini eseguite dai carabinieri avrebbero consentito di delineare gli assetti storici e attuali, nonché gli interessi criminali di due distinte e contrapposte cosche (con sullo sfondo l’omicidio dell’avvocato Francesco Pagliuso ucciso a Lamezia il 9 agosto del 2016) quella degli Scalise e quella dei Mezzatesta, derivanti – secondo gli inquirenti – dalla scissione del gruppo storico della montagna, nell’area del Reventino, compresa tra i comuni di Soveria Mannelli, Decollatura, Platania, Serrastretta e territori limitrofi. Per gli imputatil, le accuse contestate, a vario titolo, sono di estorsione, sequestro di persona, violenza privata, danneggiamento a seguito di incendio, detenzione illegale di armi, aggravati dal metodo e dalle finalità mafiose. Sono stati rinviati a giudizio davanti al tribunale di Lamezia Pino e Luciano Scalise, Carmela Grande, Antonio Scalise, Domenico Salvatore Mingoia e Bruno Cappella. Hanno scelto invece il rito abbreviato (udienza dal gup il 20 ottobre) Domenico e Giovanni Mezzatesta, Cleo Bonacci, Mario Vincenzo Domanico, Antonio Pulitano e Andrea Scalzo.

A Pino Scalise gli viene anche contestato il sequestro di persona nei confronti dell’avvocato Pagliuso, sequestrato quattro anni prima della sua uccisione. L’avvocato, accusato di un minor impegno professionale e di aver commesso degli errori nella linea difensiva a tutela di Daniele Scalise (figlio di Pino, ucciso nel 2014) sarebbe stato portato incappucciato da Lamezia Terme in un bosco della zona montana del Reventino, dove veniva costretto a stare legato e impossibilitato a muoversi liberamente, dinnanzi ad una buca scavata nel terreno con un mezzo meccanico. Nell’operazione “Reventinum” (ma con posizione stralciata) anche il presunto mandante dell’omicidio dell’avvocato Francesco Pagliuso. Il mandante sarebbe Luciano Scalise che avrebbe ordinato l’omicidio del penalista ucciso nel giardino della sua abitazione di via Marconi di Lamezia nella tarda serata del 9 agosto 2016. Dalle indagini sarebbe emerso che Luciano Scalise avrebbe avuto continui contatti prima e dopo l’omicidio con il presunto killer dell’avvocato, Marco Gallo (già in carcere non solo per l’omicidio Pagliuso ma anche per l’omicidio del dipendente delle Ferrovie della Calabria Gregorio Mezzatesta e del fruttivendolo Francesco Berlingieri). A Gallo, che gli è stata anche contestata l’associazione mafiosa, avrebbe agito per conto di Luciano Scalise, accusato anche di aver determinato il porto dell’arma da fuoco utilizzata per l’omicidio.

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p.r

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