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giovedì, 28 Marzo, 2024
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Come ti criminalizzo un Ufficio Giudiziario…di Dina Marasco*

Lamezia Terme – Ecco l’intervento integrale del *Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Lamezia Terme, pubblicato oggi sul sito web dell’Ordine. I riferimenti sono agli sviluppi dell’inchiesta denominata “Asta la vista”, portata a termine dalla Procura della Repubblica il 6 aprile del 2019, che ha visto il coinvolgimento di avvocati e professionisti circa il presunto condizionamento del delicato settore delle aste giudiziarie cittadine. Per numerosi avvocati, nei giorni scorsi, è arrivata l’archiviazione dalle accuse da parte della stessa Procura lametina.

Il protagonista de “Il Processo” è tratto in arresto senza riuscire a comprendere quale sia la sua colpa e ingaggia un defatigante confronto con un “potere“ (nella specie, chiamato Tribunale) che è espressione di un’Entità superiore, infallibile, e lo ha già riconosciuto colpevole, prima ancora di un verdetto.
Un’Entità che spia ogni sospiro, che sospetta del prossimo per principio, che processa per le vie brevi (leggi: le piazze) e che condanna in via anticipata e sommaria uomini e donne, colpevoli in attesa di essere scoperti.

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Un potere che può risucchiare improvvisamente ciascuno di noi, quando meno ce lo aspettiamo.
E’ subito evidente lo smarrimento del povero K. che ha una concezione nobile della Legge “che tutela gli innocenti e che…quando arresta richiede i documenti”.
Ed è palese lo sbilanciamento tra il predetto e chi lo ha già decretato reo di fronte al mondo. Colpevole K. lo deve essere per forza e tutti ci crederanno, alla fine ci crederà anche il povero protagonista.

Un certo giorno, alle cinque del mattino, con dispiegamento di forze e fragore di elicotteri, la GdF di XXX eseguiva numerose ordinanze cautelari, reali e personali.
Al suo risveglio, la Città di XXX (e l’Italia intera) apprendeva che la Procura della Repubblica in sede aveva “disvelato una vera organizzazione criminale” che coinvolgeva “tutti i vari attori dell’apparato giudiziario XXX” e, precisamente, “funzionari di cancelleria, ufficiali giudiziari, avvocati e commercialisti” (questi ultimi in veste di curatori e custodi giudiziari), indagati per reati (circa un centinaio di capi di imputazione) di particolare gravità e allarme, dall’associazione a delinquere, alla turbativa d’asta, dall’estorsione, all’abuso d’ufficio, alla rivelazione di segreto d’ufficio e altri; un sistema, come evidenziato nella consueta, immancabile, conferenza stampa (con tanto di slides informative all’uopo predisposte), “che tutti conoscevano in Tribunale, andato avanti per lunghissimo tempo, passivamente accettato e divenuto la regola” (leggasi: nell’omertà degli addetti ai lavori).

Nel contempo, altri numerosi professionisti, senza avere mai ricevuto alcun avviso di garanzia, apprendevano dagli organi di informazione di essere tra gli 86 indagati.

Per tutti, ma in particolare per coloro che erano attinti da misure cautelari personali e umilianti perquisizioni e procedure di rito, si materializzava l’incubo kafkiano.
Quel giorno, un Foro e un Tribunale erano marchiati dallo stigma della peggiore infamia.

I malcapitati professionisti, da protagonisti della giurisdizione, in virtù del superiore potere che l’Accusa detiene di fatto si trovavano a vivere la condizione di chi è già condannato.
Durante le perquisizioni un P.M. si rivolgeva sprezzante ad una nota e stimata legale con le seguenti parole: “Nella vita bisogna scegliere da che parte stare”(!)

Per fortuna, la realtà è ancora lontana dalla fantasia dello scrittore e nel sistema qualcosa funziona: ciò che, in molti casi, si intuiva dalla stessa lettura dei capi di imputazione, in uno con la descrizione delle condotte contestate, è stato ben presto acclarato in sede di riesame -con la revoca delle misure cautelari dispensate- ove era subito compreso che l’operato dei tanti professionisti e dipendenti del Tribunale di XXX era stato improntato, nientemeno che, a quanto chiaramente sancito in Leggi e in un codice, quello di procedura civile, la cui attenta lettura, unitamente a quella delle inequivocabili carte processuali, avrebbe facilmente confermato ciò che già era noto ai più ovvero che gli specchiati e valenti professionisti e gli onesti e laboriosi dipendenti accusati erano appunto specchiati e onesti oltre che esperti nel loro lavoro.

Infine, la stessa Procura, che ha da poco concluso le indagini ed è ancora al lavoro, ha già chiesto ed ottenuto l’archiviazione per un numero ben superiore alla metà degli indagati.
Il sistema ha ben funzionato si diceva e, smentendo il pessimismo del finale kafkiano, ha puntualmente decretato, a distanza di più di due anni, l’innocenza di tantissimi “presunti colpevoli” e l’archiviazione di ogni accusa nei loro confronti.

Legittima e meritoria l’indagine e tutte le indagini del mondo (le mele marce si trovano ovunque) ma sono ancora vive e laceranti le ferite inferte alla credibilità della Giurisdizione e ad una categoria, quella degli Avvocati, che, nel giorno del giuramento che li ha immessi nelle funzioni, hanno ben scelto da che parte stare.
Sempre più impellente, dunque, è l’esigenza di riforme che tutelino gli innocenti da quotidiane barbarie e la necessità che gli spettacoli restino confinati in palcoscenici ben lontani dagli ambiti giudiziari.

Resta (?) la fiducia nella Giustizia, alla cui realizzazione l’Avvocato contribuisce ogni giorno in modo decisivo; alla faccia di chi in Italia lo vuol negare.

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