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venerdì, 26 Aprile, 2024
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Calabria: Cristian arrestato per la cura con la cannabis

A scrivere di lui è Roberto Saviano, direttamente sulle pagine del Corriere della Sera: Accade che ci sia un rimedio efficace per mitigare i dolori lancinanti che la fibromialgia genera e che questo rimedio sia una terapia a base di cannabis. La fibromialgia ti dà un dolore lancinante quando ti muovi, è come se ogni volta i tendini stessero per spezzarsi il tuo corpo ti diventa nemico per trovare pace dovresti uscire dai muscoli che vestono le tue ossa. L’insonnia e gli stati d’ansia sono continui. Prescrivere la cannabis medica in Italia è assolutamente legale da ben 14 anni, ma rintracciarla in Calabria è pressoché impossibile. Si tratta, infatti, di una delle tre Regioni (insieme a Molise e Valle d’Aosta) a non aver approvato un provvedimento per erogarla a carico del servizio sanitario regionale, per cui le due o tre farmacie che la forniscono lo fanno a costi che la gran parte dei pazienti non può affrontare. Cristian Filippo ha 24 anni e soffre di fibromialgia vive a Paola un comune in provincia di Cosenza, i dolori sono fortissimi, non danno tregua quando decide di coltivare due piante di cannabis per poter accedere a un consumo sicuro e non dover rivolgersi al mercato clandestino gestito dai narcos calabresi.

Accade che il 6 giugno 2019 i carabinieri di Paola sentono un fortissimo odore di marjuana uscire dalla casa di Cristian, citofonano e senza nessuna forma di ostruzionismo sono stati fatti entrare. Nell’abitazione hanno trovato due piantine di canapa e strumenti rudimentali, per coltivare la cannabis, conservare le piante essiccate e pesare il prodotto per controllare le assunzioni che deve prendere (per mitigare il dolore) in preciso dosaggio. I carabinieri iniziano a ipotizzare che il ragazzo coltivasse cannabis per venderla e così arriva l’accusa di spaccio. Cristian Filippo è stato imputato di aver «illecitamente coltivato e detenuto una sostanza stupefacente per cessione a terzi o comunque per un uso non esclusivamente personale». Arrestato all’inizio di giugno 2019, Filippo è stato costretto ai domiciliari per un mese. Dopo i domiciliari, per il giovane è stato disposto l’obbligo di dimora nel Comune di Paola, lo scorso 10 giugno 2021 si è tenuta la prima udienza dibattimentale, ma il processo è stato rinviato a marzo 2022. Può davvero accadere che in una regione dove il traffico di cannabis sia una delle arterie di guadagno più prolifiche della ndrangheta un ragazzo che rifiuta di finanziare il narcotraffico e coltiva due piantine per curare la propria gravissima patologia venga arrestato e rischi sino a 6 anni di carcere? Se Cristian avesse comprato l’erba da un pusher non sarebbe finito nelle mani di una giustizia che pare proprio aver sbagliato il suo bersaglio. Difficilmente se ne sarebbero accorti. E se pure fosse accaduto — come accade a circa 50 mila persone ogni anno di essere fermato dopo aver comprato erba o hashish — avrebbe rischiato una multa, al massimo il ritiro del passaporto o della patente, avrebbe rischiato di affrontare un percorso ai servizi per le tossicodipendenze, ma non avrebbe di certo rischiato il carcere.

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Qui è il paradosso, accade che il mercato mafioso lo avrebbe messo al riparo dall’arresto che provando a tradurre la dinamica è come se lo Stato tutelasse il mercato mafioso, dicendo: fuma pure, l’importante è che tu ti rifornisca solo dallo spacciatore perché se coltivi finisci in carcere. Quello che è accaduto a Cristian Filippo è davvero paradossale in una narcoterra: la Calabria. Secondo l’ultima relazione della Direzione nazionale antimafia la ‘ndrangheta è l’organizzazione criminale leader in Italia e in Europa nel traffico internazionale di sostanze stupefacenti. Negli ultimi anni l’organizzazione criminale calabrese si è specializzata, anche grazie all’ottimo clima, nella coltivazione di cannabis: un terzo della cannabis «made in Italy» è prodotta proprio in Calabria. Sarebbe stato facilissimo per Cristian trovare la via illegale per procurarsi cannabis ma dopo la diagnosi del suo male e la prescrizione medica lui avrebbe diritto alla cannabis terapeutica legale, ma chiedete ai malati oncologici, chiedete a tutti coloro che soffrono di sclerosi multipla, di SLA, di dolori neuropatici, di glaucoma se, dopo 14 anni da una legge che la consente, riescono trovarla.

Le difficoltà di questo stallo derivano innanzitutto dalla scarsa produzione nazionale: affidata a un unico ente,lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, raggiunge circa 240 kg annui. Una quantità irrisoria ben lontana dai 2000 kg stimati per il fabbisogno del nostro paese. Il resto viene importata, soprattutto da Canada e Olanda. Ma questo ha dei costi, richiede tempo, e se qualcosa va storto — come spesso accade — bisogna aspettare. E aspettare vuol dire tenersi i propri dolori. Così facendo lo Stato costringe i malati a due strade o rifornirsi dai pusher o coltivare in proprio. La relazione tecnica — condotta dal Lass di Vibo Valentia — ha dato prova che la sostanza rinvenuta a casa del ragazzo, ha riscontrato una media di principio attivo che varia dallo 0,32 allo 2,38, per un totale di 45,3 dosi medie ricavabili. Per la malattia che affligge il giovane, solitamente viene prescritto un grammo al giorno di cannabis medica, il quantitativo rinvenuto nella sua abitazione gli sarebbe quindi bastato per poco più di un mese di terapia.

La storia di Cristian, oggi assistito dall’associazione Meglio Legale, così come la storia di Walter De Benedetto — malato di artrite reumatoide finito a processo per aver coltivato le sue piante di cannabis e infine assolto dal tribunale di Arezzo — così come le storie di troppi altri malati finiti a processo, o lasciati soffrire dimostrano che nel nostro paese la guerra alla droga punta ai deboli, ai disperati, ai malati. Non è una guerra contro il narcotraffico ma contro gli studenti nelle scuole, gli imprenditori della cannabis light, i semplici consumatori. È una guerra alle persone tossicodipendenti, che in carcere sono una su quattro e appunto, a chi ha patologie che la cannabis riuscirebbe a mitigare. Aprire un dibattito serio e responsabile sul tema della legalizzazione della cannabis serve, perciò, anche a far cadere un tabù che finora è costato a moltissimi cittadini, mentre ha fatto soltanto guadagnare soldi e potere alle mafie.

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