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martedì, 23 Settembre, 2025
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Bullismo: il fallimento dell’umanità…di Catia Pulice

Ci illudiamo di vivere in una società civile. E invece no. Viviamo nell’inferno dei viventi dove l’odio sparge morte e sangue. Lo testimoniano i fatti che raccontano, quotidianamente, episodi di violenza inaudita. Fisica e verbale. L’ultima, è quella di Paolo Mendico, quattordicenne suicida di Latina, vittima di bullismo. Una storia di dolore, di solitudine, di soprusi. Mentre la Procura di Cassino indaga per istigazione al suicidio, il Ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, ha disposto ispezioni nelle scuole frequentate dal giovane. Troppo tardi. Come sempre. I genitori affermano di aver segnalato le vessazioni, le offese, subite a scuola, ma ciò non è bastato a fermare la malvagità dei sui presunti aguzzini. Un fallimento. La scuola, luogo educativo per eccellenza, non ha colto il problema, o semplicemente lo ha sottovalutato. Rimane il fatto che non è riuscita ad assolvere il proprio compito. Ora rimane l’amarezza, il dolore, il rimpianto. Sentimenti che non porteranno in vita Paolo. Lui rimane un dolce ricordo per i suoi familiari, per chi lo ha conosciuto e amato, e per tutti noi che abbiamo assorbito il dolore come fosse nostro. Di questa storia straziante mi ha colpito, e mi commuove tutti i giorni la rabbia, le lacrime e le urla di chi chiede giustizia. In queste grida di dolore si coglie il senso dell’amore perché, per fortuna, oltre ai bulli, oltre agli adulti indifferenti, oltre ai violenti, esistono persone che hanno un cuore. Come Paolo. Lui era un ragazzo dolce e sensibile, appassionato di musica e di pesca. Educato e discreto. Amava portare i suoi capelli biondi un po’ più lunghi, e per questa ragione veniva chiamato Paoletta e Nino D’Angelo. Epiteti continui che descrivono un clima di disagio estremo in cui si è maturata questa scelta dolorosa. Un contesto malato in cui si sono insinuati sentimenti di odio e di violenza.

Di questa storia mi ha colpito la costanza con cui i suoi presunti persecutori hanno portato avanti un piano perfido e diabolico. E mentre Paolo piangeva in silenzio, stretto nell’abbraccio dei suoi cari, altri adulti rimanevano fermi e silenziosi. Ora che si sta indagando sui presunti responsabili, mi stupisce l’omertà, il senso di calma e di impassibilità, la mancanza, evidente, di empatia, l’atroce e meschino tentativo di spiegare e di giustificare. Non siamo a conoscenza dei fatti, ma è facile dedurre che ci sia stata leggerezza, distacco e noncuranza. Tutto ciò ha portato Paolo a fare una scelta estrema. Morire. Lo ha fatto il giorno prima di ritornare a scuola. Non è stato un gesto improvviso, ma il punto di arrivo di un percorso segnato da umiliazioni costanti. La sua è stata una morte lenta. Non oso immaginare il suo dolore. Troppo buono e troppo sensibile per affrontare altre crudeltà e altre vessazioni. Un mondo infame nel quale avrà trovato difficoltà ad interagire, poiché un muro di violenza separava la sua vita da quella dei suoi coetanei. Educazione, riservatezza e discrezione erano i pilastri della sua educazione. Così lo descrivono, e così trapela dai racconti. Dolce, educato e gentile. Non amava stare al centro dell’attenzione. Apparteneva ad un mondo pulito, scandito dalle note musicali, dal canto, dalla passione per la cucina. Non un anonimo qualunque, ma un ragazzo onesto e perbene. Piccolo, ma con la forza di un gigante. Si, credo lui fosse forte per la resistenza con cui ha combattuto, per la determinazione con cui ha continuato a credere nel futuro, per la dignità con cui è riuscito a contraddistinguersi da tutti gli altri, per il coraggio con cui è riuscito ad affrontare i suoi carnefici. Una lotta impari che però, con il passare del tempo, lo ha annientato. Paolo ha dimostrato al mondo intero l’integrità del suo animo gentile. Lo ha fatto con discrezione perché le belle persone non fanno rumore. Troppo nobile per questo mondo. Costretto alla solitudine. Non oso immaginare quante volte, chiuso a riflettere nella sua stanza, si sia sentito sbagliato, sfinito, deluso, e persino incapace di piangere e di urlare. I momenti di dolore e di disperazione saranno stati infiniti, ma oltre ai suoi genitori, ai suoi cari, e qualche amico, forse uno, non c’era nessuno.

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Tenuta delle Grazie 13_6_2024

Nessuno che raccogliesse quel grido di dolore, e che intervenisse per aiutarlo e sostenerlo in questo conflitto meschino. Ha lottato costantemente contro i bulli, contro il sistema, contro quegli adulti a cui sono sfuggiti i suoi sguardi, i suoi silenzi, la sua estrema e irreprimibile malinconia. E tutto questo fa male. Pesa come un macigno. Chissà quante volte chiudendo gli occhi avrà immaginato un mondo migliore, feste, passeggiate, amici con i quali uscire e scherzare, adulti dai quali essere ascoltato, e magari anche abbracciato. Tanti sogni e grandi speranze, spezzate brutalmente, dalla scelleratezza dei suoi coetanei e dall’indifferenza degli adulti. Tutti colpevoli di averlo offeso e ignorato. Con la sua morte si è fermato il mondo. Tutti increduli come se questo fosse un caso isolato. E invece no. E’ soltanto un’altra storia straziante, che racconta i limiti dell’umanità, dove tutto, incomprensibilmente, si dissolve. I pensieri, le speranze, le emozioni. Ora un pianto di dolore accomuna quei cuori gentili che piangono per quel figlio, quel fratello, e quell’amico di cui resterà un ricordo prezioso. Tutto parlerà di lui. Anche quel banco vuoto, dove ogni giorno, un raggio di sole illuminerà il suo dolce sorriso. Come se fosse lì. Finalmente libero e felice.

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