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mercoledì, 21 Maggio, 2025
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Bimbo reggino di due anni affetto dalla rarissima sindrome Chops: genitori lanciano raccolta fondi per la ricerca

Si chiama Mario, è un bimbo di due anni affetto da una malattia genetica rarissima. La scienza descrive solo 13 casi e in totale nel mondo se ne contano una trentina. A causa della sindrome CHOPS ha già dovuto subire due interventi al cuore, non cammina e non parla. Per questo motivo i giovani genitori hanno deciso di lanciare una raccolta fondi da destinare alla ricerca di una cura per Mario e per tutti quei bambini affetti dalla stessa malattia.
Lei è Manuela Mallamaci, ricercatrice universitaria di 34 anni, lui è Giovanni Zampella, un poliziotto di 38: sono i genitori di Mario che abitano a Padova, ma divisi tra Palermo, dove lavora la donna e la Calabria, la terra d’origine dove il piccolo si rifugia d’estate.

“Mi chiamo Manuela e sono la mamma di Mario- si legge in un appello sulle pagine “Storie rare” del sito Uniamo.org. Mario è il mio primo e unico figlio. Io sono una ricercatrice nel settore dell’astrofisica e mai avrei immaginato che una tale rarità, quale è Mario, sarebbe entrata nella mia vita. Siamo venuti a conoscenza del nome della malattia rara che affligge mio figlio solo da un paio di mesi, ma sto cercando e chiedendo aiuto e supporto ovunque, affinché ci sia maggiore interesse verso la patologia ultra-rara che ha colpito il mio bambino”.

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Tenuta delle Grazie 13_6_2024

Le donazioni ricevute, al momento, sono quasi duemila, per un totale di 81.464 euro ma la strada per il raggiungimento dell’obiettivo (300 mila euro) è ancora lontana. Manuela ha scoperto la compagnia californiana RareBase, che porta avanti la ricerca su un farmaco che potrebbe limitare gli effetti della Chops. A loro sono destinati i 300mila euro che la famiglia sta cercando di raccogliere con la piattaforma GoFundMe. “Anche se le chances fossero poche, è sempre un punto di partenza – commenta la donna – La medicina evolve e loro hanno degli strumenti concreti. Ho sentito il dovere di provare a fare qualcosa di concreto. Non mi sono mai potuta permettere il lusso di abbattermi: io e mio marito combattiamo e siamo positivi per il nostro Mario. L’unica speranza è che lui possa un giorno essere più autonomo e possa non soffrire. E poi ogni passo della ricerca sarà non solo per lui, ma per tutti coloro che nel mondo hanno questa sindrome”.

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