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venerdì, 26 Aprile, 2024
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Attori nei servizi televisivi in corsia, i complottisti del web attaccano ‘La vita in diretta’

Attori utilizzati per “interpretare” malati di Covid ricoverati in terapia intensiva e qualcuno riesce a discernere addirittura cuscini adagiati sulle barelle. Sui social impazza l’ultima teoria dei negazionisti, ovvero che i servizi televisivi realizzati negli ospedali siano in realtà pura (e dolosa) fiction, una ricostruzione artefatta dell’emergenza – ovviamente con l’obiettivo di gonfiare i numeri della pandemia e nutrire il panico per indurci ad accettare le restrizioni di libertà imposte dal governo).

Il presunto “scoop” circola su Facebook, dove alcuni utenti stanno postando fotogrammi di un reportage nell’ospedale Amedeo Savoia di Torino, dove è possibile notare che lo stesso soggetto indossa in un caso la mascherina della terapia intensiva e nell’altro è un semplice degente allettato sullo sfondo dei malati intubati. La trasmissione incriminata è “La vita in diretta”, condotta da Alberto Matano. Ma nel mirino dei complottisti finisce pure un servizio del Tg5 dove le sagome sulle barelle sarebbero ammassi di cuscini.
Matano, sommerso dalle accuse (anche per la sua proverbiale conduzione pregna di pathos emotivo), ha contrattaccato con Selvaggia Lucarelli, dichiarando a Radio Capital che il video è stato tagliato in modo da mostrare una persona che invece non era mai stata intervistata. Falsa anche l’altra osservazione degli hater negazionisti, per i quali il malato senza mascherina nella stessa stanza di uno con casco per l’ossigeno (ma non era un attore?) sarebbe la prova che il Covid, se esiste, non è così contagioso.
Non è la prima volta che la comunità del web smaschera dal basso fake news confezionate da mezzi di informazione di grande seguito: l’esempio più celebre è il servizio delle Iene che svelò la challenge suicida Blue Whale, realizzato da Matteo Viviani e poi sbugiardato dal blog “Alici come prima” (Viviani ammise i falsi montaggi delle scene più scioccanti, ma lo giustificò con il maggiore interesse collettivo a creare un caso mediatico per arginarne la popolarità tra i giovani).
Nel caso della “Vita in diretta”, però, l’occhio lungo è quello dei complottisti no Covid, che nei veri o presunti svarioni televisivi sgamati dalle sentinelle dei social vedono una prova del grande inganno. Nonostante la replica di Matano, puntualmente sotto il post virale del malato-attore subito sono fioccati commenti furiosi e inviti alla rivoluzione – centrando così l’obiettivo esatto degli autori della segnalazione.
Ma ad essere farlocco spesso è proprio il fact checking stesso, in un gioco di specchi a cui i negazionisti si stanno dedicando con perizia un po’ in tutto il mondo. Nella seconda ondata della pandemia, in molti paesi l’ipotesi che i media siano complici dei governi nella fabbricazione di notizie false e allarmanti sta diventando un veicolo di propaganda antigovernativa che utilizza proprio le bufale. A Città del Messico da un account Twitter è stata diffusa la testimonianza del sorvegliante di un ospedale, che ha rivelato l’esistenza, all’interno della struttura sanitaria, di un autentico set cinematografico con attori assoldati per generare, attraverso un software, false diagnosi di Covid19 appioppate a malati in realtà non affetti dal virus. Una bella storia di fantapolitica, ma il suo ideatore si è lasciato prendere un po’ troppo la mano postando come prove della truffa video tratti da famosissime serie ospedaliere come E.R. , Grey’s Anatomy e Dr. House. Difficile che nessuno riconoscesse gli attori, compresi quelli di alcuni screen rubati persino a film porno ambientati in corsia, tra le cui star pare ci fosse qualcuno di notorietà simile in Messico al nostro Rocco Siffredi…
Polemica vera è invece quella che in Germania ha suscitato la campagna di prevenzione Covid per invitare la gente a rimanere a casa. Gli spot, girati come se fossero documentari, saltano avanti in un futuro prossimo in cui alcuni anziani ricordano il 2020 e la loro eroica resistenza al virus, combattuta restando tra le mura domestiche a guardare la tv e mangiare cibo spazzatura. “Ci venne chiesto di non fare nulla e stare a casa giorno e notte, il nostro fronte è stato il divano”, dicono i protagonisti degli spot – frasi ritenute offensive da tanti tedeschi, che le considerano superficiali e intrise di un’ironia inappropriata sul dramma del coronavirus.

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Isabella Marchiolo

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