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domenica, 1 Settembre, 2024
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Attivista curda arrestata in Italia proclama la sua innocenza: quali sono le accuse contro di me?

“Se deve essere detenuta in Italia da innocente e senza riuscire a capire quali accuse le sono mosse Maysoon Majidi preferisce affrontare il carcere o pene maggiori in Iran dove conosce la propria colpa che è quella di essere donna e di voler vivere la propria vita”. È quanto scrivono in una nota gli avvocati Luca Gagliardi e Shady M. Alizadeh, del Foro di Trani, difensori di Maysoon Majidi, regista ed attivista curdo iraniana arrestata a Crotone per favoreggiamento all’immigrazione clandestina a seguito dello sbarco di 77 migranti del 31 dicembre 2023. Da allora Maysoon Majidi è in carcere a Castrovillari. Alla base delle accuse, secondo la Guardia di finanza che l’ha arrestata, ci sono le testimonianze di due migranti secondo i quali Maysoon distribuiva cibo e acqua agli altri compagni di viaggio e faceva mantenere la calma a bordo, ma non avrebbe guidato materialmente l’imbarcazione, condotta invece da un cittadino turco.

Maysoon Majidi, di 28 anni, è stata costretta a lasciare l’Iran nel 2019 dopo aver partecipato alle proteste contro il regime dove sono morte oltre 1.500 persone. È scappata nel Kurdistan iracheno continuando il suo attivismo per le donne curde e iraniane ma ha dovuto lasciare anche l’Iraq perché anche lì perseguitata e per questo si è imbarcata per raggiungere l’Europa. Martedì scorso, davanti al gip del Tribunale di Crotone Elisa Marchetto, si è svolto l’incidente probatorio che prevedeva la presenza dei testimoni al fine, come scrivono gli avvocati, di “evitare la cristallizzazione delle accuse ottenute senza il contraddittorio della difesa e senza che si possa, per la mancanza di registrazioni video o audio, verificare quanto detto in lingua originale”. Nel corso dell’udienza si è scoperto, però, che non era possibile ascoltare i due testimoni i quali – dopo tre mesi – hanno lasciato l’Italia. In particolare la Guardia di finanza, affermano i due avvocati, ha comunicato di non aver prova della notifica della convocazione pur “avendo indicato la correttezza dell’indirizzo della struttura in cui il testimone è ospitato ed anche aver accertato la sua presenza nella stessa struttura”.

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Per questo il Gip ha disposto di notificare l’ordine di comparizione per il testimone al corpo di polizia estero più vicino per poter svolgere l’ascolto a distanza del testimone”. Gli avvocati Shady M. Alizadeh e Luca Gagliarci, hanno evidenziato come la vicenda giudiziaria dell’attivista iraniana mostri i limiti del decreto Piantedosi che – scrivono i legali – “predilige una presunzione di colpevolezza invece che la presunzione di innocenza prevista nel nostro ordinamento, che dovrebbe accompagnare chiunque cittadino italiano o meno”.
(Ansa)

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