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venerdì, 26 Aprile, 2024
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Al cinema il 27 marzo, Citrigno: “In Calabria i ristori ci stanno aiutando, ma la riapertura con quelle regole non è sostenibile”

Un anno esatto senza il grande schermo, le luci del palcoscenico, il rosso dei sipari. Mentre si annuncia una terza, violentissima ondata della pandemia, artisti e maestranze dello spettacolo si appigliano alla promessa di Draghi di riaprire tutto dal 27 marzo. Partiamo da qui, da questo speranzoso post-it sul ritorno nelle sale, per parlare di filiera, ristori e rilancio del settore con Giuseppe Citrigno, presidente uscente di Calabria Film Commission e presidente regionale di Anec oltre che della sezione cinema e spettacolo di Unindustria Calabria.
E’ un’ipotesi concreta la riapertura di cinema e teatri a fine marzo?
«Mi sembra una proposta quasi impossibile da realizzare sotto gli aspetti tecnico, commerciale e programmatico. Intanto per i tempi: il 27 marzo è troppo vicino per organizzarsi e inoltre non sembra far pensare a una remissione del virus. Poi, le condizioni imposte non sono realistiche. Franceschini è stato molto vicino al settore durante quest’emergenza, sia con i ristori che con questo tentativo di farci ripartire, io l’ho ringraziato e apprezzo questo sforzo, ma un conto era la proposta del ministro, altre le indicazioni del Cts, che invece non sono assolutamente sostenibili. Pensiamo ai cinema: chiusura alle 22 escludendo quindi una delle due fasce orarie serali, che sono le più frequentate dagli spettatori, e divieto di utilizzare più del 25% dei posti. Inoltre l’obbligo di tenere la mascherina per tutta la durata della proiezione scoraggia anche la sosta ai punti di vendita di snack o i bar presenti dentro i cinema. Un altro ostacolo è la possibilità di riaprire solo nelle zone gialle: con i numeri di contagio che vediamo in questi giorni è probabile che il mese di marzo riporterà molti territori in arancione o addirittura rosso. Nel caso del cinema, tra l’altro, i distributori faranno qualche conto in tasca e credo non faranno circuitare proprio ora e a macchia di leopardo i titoli più forti, perché li brucerebbero. Nelle sale arriverebbero soltanto film di richiamo minore”.
Freaks Out di Mainetti, atteso fantasy storico girato nella nostra regione, lo vedremo nelle sale o in streaming?
«Il film è prontissimo, io ho visto il trailer e un’opera con quegli effetti merita la sala. In tanti stanno ragionando così e aspettano, anche Carlo Verdone e Nanni Moretti. A marzo è impensabile, ma per maggio-giugno i cinema potrebbero riaprire davvero. Certo se neanche allora si tornerà in sala, molti saranno costretti a scegliere di andare in streaming… di più non si può aspettare».
I teatri sono messi anche peggio…
«Il teatro vive un dramma profondo con compagnie completamente ferme da un anno. Artisti e maestranze non ce le fanno più, spingono per riaprire a ogni costo – umanamente io li capisco. Però bisogna essere concreti: un conto è riaprire i teatri pubblici, lì diciamo che la spesa è coperta dall’ente. Massimo Piparo, direttore del Sistina, giustamente dice che non potrebbe onorare i cachet delle grandi produzioni. In un periodo come questo è impensabile aumentare il prezzo dei biglietti, tantomeno si può chiedere agli artisti di essere pagati a percentuale di incasso. A Cosenza il Rendano può riprendere con questi numeri si arriva a un massimo di 3500 euro di vendite a recita. Ma una compagnia da target del Rendano ha un costo più vicino ai 9000. Per questo non serve dire “apriamo e basta”. Meglio stabilire da adesso una data, anche lontana nel tempo, ma a quella data aprire senza limitazioni o per lo meno con limitazioni ragionevoli anche commercialmente, non certo quelle vigenti».
Si potrebbe valutare una dimensione minimale. Scenografia essenziale, pochi attori e tecnologie all’osso. Teatro allo stato puro, senza effetti speciali.
«Effettivamente abbiamo visto proposte di questo genere con L’Altro Teatro, l’associazione che in questi anni ha curato il cartellone del Rendano. Alcuni attori stanno puntando su monologhi o duetti e con strutture tecniche ridotte al minimo, certo questa può essere una strada da percorrere fino a quando non si tornerà alla normalità, un compromesso per affrontare e contenere il rischio commerciale. Ma sarebbe, ovviamente, una soluzione di emergenza».
La Film Commission calabrese commissariata da Giovanni Minoli ha licenziato il bando di finanziamento predisposto durante la precedente governance della Fondazione. Dopo una lunghissima gestazione, a causa dello stop imposto dal Covid. Direi che un bilancio su questo iter travagliato spetti, più che all’attuale Fc, a lei, Citrigno.
«Sì, il bando appena finanziato era stato pubblicato a maggio 2020 sotto la nostra gestione. Fu io stesso a chiederlo con forza a Jole Santelli perché eravamo in un momento durissimo, in pieno lockdown, e pensavo ci fosse bisogno di un segnale rivolto al settore. La presidente Santelli accolse subito la mia proposta e il bando è stato chiuso il 5 luglio, nel mio ultimo giorno alla guida della Film Commission.  Avevano partecipato ben 93 progetti giunti da tutta Italia, a dimostrazione che la nostra attività si era guadagnata una fama importante nell’ambiente. Quella stessa estate, mentre il bando era ormai affidato alla nuova film commission con il commissario Minoli, in Calabria sono arrivate le produzioni già finanziate nel 2019 e che erano state bloccate dalla pandemia: tra agosto e ottobre abbiamo avuto molti set importanti. Certamente il ritardo nel finanziamento del bando 2020 ci ha danneggiati. Per dirne una, grosse produzioni come Iervolino e Minerva Fiction, stanche di aspettare, si sono spostate in Puglia. In ogni caso, meglio tardi che mai: abbiamo lasciato un’eredità proficua ed è stata messa a frutto utilizzando quasi interamente i fondi a disposizione, sono rimasti pochi spiccioli. Adesso speriamo che i set possano partire al più presto».
Non sono mancate le polemiche per alcune esclusioni illustri dal bando. Condivide i malumori di chi pensava di avere i numeri per ottenere il contributo?
«Anch’io ho notato progetti che mi sembrano validi, non capisco perché siano stati esclusi. Più che discuterne da fuori, credo che sia la commissione valutatrice a dover spiegare quali criteri sono stati considerati. Noi l’abbiamo sempre fatto, pensando che fosse utile spiegare dove c’era da correggere o migliorare. Soprattutto utile alle produzioni calabresi. Una film commission deve attirare grandi produzioni da fuori ma principalmente deve formare le nostre risorse e aiutarle a crescere – in questo senso spiegare dove si è sbagliato è importante, spero lo faccia anche la commissione che ha selezionato i vincitori del bando 2020».
A proposito di Minoli, quando venne nominato lei si riservò di commentare solo dopo averlo visto al lavoro. Adesso, a quasi un anno dall’insediamento, vuole esprimere un’opinione?
«Abbiamo lasciato un grande patrimonio. Dal mio punto di vista, la strada è tracciata e porta alla creazione di una filiera di tutto il cinema calabrese, con progetti legati alla formazione delle maestranze, ad esempio con l’istituzione di una scuola di sceneggiatura e regia. Abbiamo seminato bene e ci sono tanti esempi che dimostrano che si deve continuare così. Abbiamo fatto esordire nel lungometraggio un regista calabrese come Alessandro Grande, che si è messo in luce al festival di Torino come unico italiano in concorso; abbiamo sostenuto produzioni come Indaco e Open Fields, che stanno lavorando molto e bene. Credo sarebbe sbagliato cambiare direzione e puntare sulla serialità: i numeri ci dicono che quello non è più un trend favorevole, oggi è il momento delle fiction distribuite da canali come Netflix o Sky, non delle serie sulla falsariga di “Un posto al sole”. Sarebbe uno spreco di soldi e senza ritorno per il territorio».
Minoli, tra l’altro, è chiamato a gestire il limbo prima della nomina del nuovo presidente. Ha sentore di quando arriverà il bando?
«Al momento c’è un facente funzioni, Nino Spirlì, quindi non compete a lui. Ma il nuovo presidente della Regione dovrà occuparsi del bando per la presidenza della film commission tempestivamente, tra i suoi primi atti. Anche perché Minoli, in quanto commissario, può gestire soltanto l’esistente ma non introdurre novità. Il suo mandato scade il 31 luglio, subito dopo si dovrà intervenire con la nomina del presidente».
 Cosa ne pensa della querelle sul cortometraggio di Muccino e il rifiuto della Regione di pagare la cifra pattuita per mancato rispetto dell’esclusiva?
«Il cortometreggio non mi è piaciuto, conosco Muccino da anni e l’ho sempre sostenuto, è un regista che poteva e doveva realizzare un lavoro più accurato e legato al territorio da promuovere. Invece non è stato così e l’opera non vale assolutamente il cachet stabilito. Bisogna studiare tutte le sfaccettature contrattuali, se davvero il film non doveva essere diffuso Muccino non ha rispettato i patti ed è giusto non pagarlo. Anche perché la sua iniziativa, pur in poche ore, ha scatenato le polemiche danneggiando il film prima che venisse messo nel circuito pubblicitario. Credo che si possa trovare un accordo, ad esempio pagare una cifra forfettaria per coprire le spese e la gente che ha lavorato, ma non la somma inizialmente prevista. In compenso, Muccino può tenersi il suo corto, alla Calabria non serve anzi è controproducente e per alcuni versi offensivo. Con Unindustria abbiamo sostenuto il programma Freedom di Roberto Giacobbo con le puntate girate in Calabria – rispetto al lavoro di Muccino sono state molto più utili al territorio a fini culturali e turistici».
La Regione ha però pensato a lavoratori ed esercenti dello spettacolo con un decreto ristori che assegna 10.000 euro a discoteche, cinema e teatri colpiti dalle chiusure.
«Tengo molto a ringraziare l’assessore Fausto Orsomarso per come si sta spendendo per il settore, sia con questo bando, che ci ha aiutati, ma anche con la disponibilità ad accogliere altre nostre istanze. Chiederemo ulteriori sostegni, ce n’è urgente esigenza, ma occorre essere compatti, elaborare una richiesta unica dell’intera filiera di teatro, cinema, spettacolo e audiovisivi. Il mio appello è quello di lavorare insieme per avere un documento condiviso da presentare».
Difficile raggiungere l’unità d’intenti in un settore così litigioso e competitivo…
«E’ vero, lo è. Ma in un momento come questo siamo tutti nella stessa barca e dobbiamo superare certe posizioni separatiste, altrimenti non otterremo nulla».
 
Isabella Marchiolo

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