(Adnkronos) – I minori in Sardegna non sono solo pochi per numero complessivo, ovvero il 12,7% della popolazione regionale, contro una media nazionale del 15,1%, ma sempre più spesso si trovano a vivere in condizioni di disagio e vulnerabilità. Lo scenario delle condizioni di vita dei minori sull’Isola è per certi aspetti allarmante, come delineato dall’ultimo Rapporto “I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia. I dati per regione”, realizzato dal Gruppo CRC, Gruppo di lavoro per la Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, composto da 100 soggetti del Terzo Settore e coordinato da Save The Children. Il Rapporto, che riporta dati riferiti al 2022 e al 2023, segnala diverse criticità, tra le quali una diffusa povertà relativa, che coinvolge il 32,9% dei minori in Sardegna, oltre dieci punti sopra la media nazionale. Inoltre, il 41,4% dei giovani sardi con meno di 18 anni è a rischio esclusione sociale. Il primo dato significativo del Rapporto CRC è relativo alla natalità con un tasso pari al 4,6 per mille abitanti, il più basso tra tutte le regioni italiane. Discorso simile per il numero di figli per donna che si attesta allo 0,91 contro una media nazionale dell’1,2. A confermare una situazione demografica allarmante in Sardegna, il Rapporto segnala la scarsità di famiglie numerose: solo il 2,8% dei nuclei familiari ha 5 o più componenti, ancora una volta al di sotto della media del resto del Paese che si attesta al 4,5%. Parallelamente, cresce il numero di famiglie monogenitoriali che rappresentano il 22,5% del totale dei nuclei, 4,7 punti percentuali oltre la media nazionale: un dato che pone la Sardegna al primo posto tra le regioni italiane. Uno dei dati più allarmanti emersi dal rapporto CRC riguarda la povertà tra i minori sardi che raggiunge il 32,9%, rispetto al 22,8% registrato nella precedente edizione del report. Una percentuale superiore di 10,7 punti in confronto alla media delle altre regioni italiane. Povertà in aumento, dunque, ma anche esclusione sociale. Il 41,1% dei cittadini sardi con meno di 18 è a rischio emarginazione, l’11,5% in più della media nazionale. Nello specifico, il 30,5% dei minori sardi vive in abitazioni con problemi strutturali o di umidità, mentre il 44,6% vive in condizioni di sovraffollamento abitativo. Nonostante i dati sulla povertà relativa e abitativa, in tema di povertà educativa alcuni indicatori mostrano tendenze positive. Infatti, i giovani sardi tra 6 e 17 anni, pur frequentando meno musei e teatri rispetto ai coetanei delle altre regioni, partecipano più spesso a concerti, visitano monumenti e siti archeologici e praticano attività sportive. Nel 2023, il 17,3% dei cittadini sardi di età tra 18 e 24 anni non ha proseguito il percorso di studi dopo aver raggiunto la licenza media. Un dato che la dice lunga sul fenomeno dell’abbandono scolastico che in Sardegna è particolarmente significativo. Oltre all’abbandono scolastico, il Rapporto CRC rileva che in Sardegna nel 2023 il 19,6% dei giovani tra 15 e 29 anni non lavora, non studia e non segue alcun corso di formazione, il cosiddetto fenomeno dei Neet, rimanendo di fatto escluso dai percorsi di istruzione e dal mercato del lavoro. A completare il quadro negativo, si segnalano percentuali più elevate rispetto alle altre regioni italiane con riferimento a competenze alfabetiche non adeguate che riguardano il 45,9% dei giovani sardi (38,5% a livello nazionale) e a competenze numeriche non idonee per il 58,1%, contro il 44,2% della media italiana. Sul territorio regionale della Sardegna sono presenti 33 Centri per la famiglia, pari al 6,2% del totale nazionale. Il tasso dei minorenni in affidamento per almeno 5 notti alla settimana è pari all’1,6 per mille abitanti, leggermente superiore all’1,4 della media italiana, un dato in crescita rispetto al Rapporto CRC precedente. Per quanto attiene ai servizi residenziali per minori, si registra un tasso del 2,7 per mille residenti, la media italiana è 2,1, anche in questo caso il dato regionale è in crescita rispetto all’ultima rilevazione. I minori accolti con disabilità, disturbi o BES rappresentano il 17% contro l’8,5% del resto del Paese. Entrando nel dettaglio per classi di età, i minori accolti nelle comunità di accoglienza sono così ripartiti: tra 0 e 2 anni il 9,6%, tra 3 e 5 anni l’11,3%, tra 6 e 10 anni il 17,4%, tra 11 e 14 anni il 22,1%, tra 15 e 17 anni il 38,6%. Solo l’ultima fascia di età segna una quota inferiore alla media italiana. La speranza di vita alla nascita in Sardegna nel 2023 è 82,5 anni, leggermente inferiore alla media italiana dell’83,1. Sul territorio regionale sono presenti 12 punti nascita (dato del 2022), il 58% dei quali registra meno di 500 parti l’anno. Il 100% dei parti è avvenuto in punti nascita di strutture pubbliche. Sull’Isola nel 2022 erano presenti 152 pediatri, in diminuzione rispetto ai 187 del precedente rapporto. Di questi, oltre l’89% ha un’anzianità di specializzazione superiore ai 23 anni. Per ogni medico pediatra si registrano 1.024 bimbi, ben 31 pazienti in più rispetto al resto del Paese. Sia il tasso di mortalità infantile che quello prenatale risultano inferiori alla media nazionale: rispettivamente 2,43 e 0,97 ogni 1.000 nati vivi, contro i valori italiani di 2,57 e 1,74. Anche altri indicatori risultano positivi. La percentuale di bimbi sovrappeso tra gli 8 e i 9 anni è del 17,4%, rispetto al 19% della media italiana, mentre la quota di bimbi obesi o gravemente obesi nella stessa fascia di età è del 6,7%, rispetto al 9,8% a livello nazionale. Segnali positivi si registrano nell’ambito dei servizi dedicati all’infanzia. In particolare, sono cresciuti i posti disponibili nei servizi educativi raggiungendo quota 35,2 ogni 100 bimbi fino a 2 anni, un dato superiore al resto del Paese. Tuttavia, solo il 39% dei comuni sardi dispone di servizi socioeducativi per la prima infanzia, con un deficit percentuale di oltre 25 punti nei confronti alla media italiana. Tale carenza risulta particolarmente evidente nelle aree interne e rurali dell’Isola dove il rischio di esclusione sociale è maggiore. Dal punto di vista della spesa per i servizi socioeducativi per l’infanzia, i sardi nel 2022 hanno pagato una quota del 23% rispetto al 18,1% della media italiana. Della spesa complessiva, la quota pagata dai comuni sardi per ogni utente è 3.519 euro mentre la quota media pagata da ogni cittadino è 1.053 euro. I dati completi del Rapporto CRC sono stati presentati in Consiglio regionale dalla Garante per l’infanzia e l’adolescenza della Sardegna, Carla Puligheddu e dal Presidente del Consiglio regionale, Piero Comandini, durante un evento organizzato in collaborazione con la Uisp e il CSI Sardegna. Nel corso del suo intervento, il Presidente Comandini ha sottolineato la necessità di ripartire dai diritti dell’infanzia e delle famiglie per contrastare fenomeni come la denatalità e lo spopolamento che contrassegnano lo scenario sociodemografico dell’Isola, anche affrontando il tema dell’accoglienza di coloro che vengono da altri Paesi. La Garante per l’infanzia e l’adolescenza, dopo aver citato i dati preoccupanti sulla povertà e sullo stato di disagio delle famiglie, dei minori e degli adolescenti, ha ricordato nuovi interessanti progetti, quali la nascita della Consulta G.A.I.A. (Giovani, Ascolto, Infanzia, Adolescenza). Composta da 20 giovani dai 12 ai 17 anni, la Consulta intende promuovere la partecipazione di ragazzi e ragazze nei processi decisionali che riguardano i giovani, in linea con la Convenzione dell’ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza. —[email protected] (Web Info)
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