923 euro. Questo è l’importo di uno scontrino che ha reso Ponza, perla del Tirreno, protagonista di una vicenda che sta spopolando su internet, e che ha fatto infuriare il web. Al centro di questa, un pranzo costosissimo a base di aragosta. E’ accaduto qualche giorno fa in un locale del suddetto luogo, dove, in una calda e solare giornata d’estate, un gruppo di quattro persone ha speso questa cifra esorbitante. Pare che i clienti, ai quali è stato consegnato lo scontrino incriminato, abbiano consumato un antipasto condiviso, un primo piatto, scialatelli all’aragosta, e gustato, si legge, due bottiglie di vino bianco. 225 euro a testa. A far notizia il totale complessivo, una cifra che ha acceso i riflettori sul locale in questione. Il titolare, nel difendere la trasparenza del suo ristorante, ha reso noti i particolari, sottolineando che l’aragosta viene servita viva e pesata a vista, con un costo ben esposto di 230 euro al chilo. Ogni commensale, ha precisato il ristoratore, ha scelto un’aragosta di circa 825 grammi. Nessuna sorpresa dunque ha potuto scaturire stupore. Erano certamente consapevoli dei prezzi. Uno scontrino d’oro che mette in luce un problema di carattere economico e culturale. A sottolinearlo, Sebastiano Guzzi, Vice Presidente Nazionale Unilavoro Pmi, il quale si è soffermato su una riflessione che ha evidenziato “il confine sottile tra il piacere di un’esperienza esclusiva e il senso di sopruso quando il prezzo supera ogni aspettativa”.
Il problema, a suo avviso, non è questo scontrino, che sicuramente fa discutere, ma quello che accade, quasi costantemente, in diverse località turistiche, dove casi di conti eccessivi sono diventati “normale consuetudine”. Tanti gli scontrini folli, che nel corso degli anni, hanno contrassegnato le stagioni estive. Molti altri saranno protagonisti di questa. E’ impensabile, continua l’imprenditore lametino, consegnare scontrini da capogiro. Non è possibile pagare 20 euro per un caffè doppio. E’ un furto. Il tempo libero ha un suo costo, ma è inconcepibile l’idea che si debba uscire da casa con il timore di essere truffati. Ovvio che non bisogna generalizzare, ma ci sono state, nel corso delle stagioni precedenti, situazioni inopportune che hanno creato evidenti disappunti: 2 euro in più per il basilico sulla pizza, per dividere un toast, o per un piattino vuoto, 10 centesimi per una spruzzata di zenzero sul cappuccino, 20 euro per un piatto rotto, 30 euro per due spritz, 86 euro per un panino con la bresaola, una pizzetta con la mozzarella, un croissant salato, due acque piccole e due caffè, 46 euro per due pizze, 50 centesimi in più per tagliare la pizza.
Tutto questo ha fatto, e continua a fare grande scalpore. Non è eticamente corretto. Speriamo, conclude Guzzi, che il buon senso guidi commercianti, imprenditori e ristoratori, e che i prezzi, in generale, siano più contenuti, in modo che tutti, anche i meno abbienti, abbiano la possibilità di godersi le vacanze.