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martedì, 30 Aprile, 2024
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Salvatore l’operaio calabrese morto a Pomezia: dallo Jonio a una borgata romana, poi la vita spezzata

Due ragazzi che mettono dischi in una delle tante serate estive al lido accarezzato dal Mar Jonio. Poi un uomo appena uscito dal negozio di una borgata romana, la busta della spesa e lo sguardo serio. Immagini che segnano due stagioni della vita di una persona: la gioventù e la maturità. Manca la terza età, quella serena dei ricordi, del riposo. Ma per Salvatore, che è uno dei ragazzi nella prima foto ed è anche l’uomo della spesa, non ci saranno nostalgie da coltivare. Ricordi. Perchè Salvatore Mongiardo è morto a 65 anni lavorando. E’ successo a Pomezia, paese a sud di Roma diventata dagli anni Ottanta la sua città: abitava a Grotte Celoni, la zona veccia del quartiere di Tor Bella Monaca. Salvatore era un operaio ed è precipitato dal tetto di un capannone industriale mentre allestiva una cella frigorifera. Era nato a Sant’Andrea Apostolo dello Jonio, in Calabria, e la foto della serata musicale arriva proprio da lì: “Era il 1977 – scrive sui social Franco – e con tre amici portati da Roma prendemmo in gestione il Gabbiano del compare Trieste e lo facemmo diventare Kinkly Club. Grande successo, per venti giorni tutte le sere strapieno, poi però…Storie di Calabria, ma va bene così. Che bei ricordi”. Una vita fa, poi il lungo viaggio di Salvatore fino a Roma, il lavoro, le nuove radici.

Morire di lavoro
A Grotte Celoni dicono come Salvatore fosse benvoluto da tutti: gentile, disponibile e leale. Da elettricista non si sottraeva mai alle richieste di aiuto. Senza pensare ai soldi. Aveva una passionaccia per la politica: “Era un pezzo della nostra borgata”, racconta qualcuno ai cronisti. “Riposa in pace Salvatore – scrive sui social Mirko -ci siamo sentiti la scorsa settimana per telefono e venerdì abbiamo messaggiato per lavoro, fino a poco prima dell’incidente. Sono sconvolto. Ovunque tu sia ora, ti abbraccio”. Vite sconvolte. Vite spezzate.
“Mio fratello era un lavoratore infaticabile – ha detto a un giornale Anna, la sorella di Salvatore -. E’ morto da eroe sul campo di battaglia. E proprio una battaglia si deve fare affinchè non succedano più queste tragedie. Si parla di sicurezza, ma nessuno fa nulla”. Ancora parole che parlano di eroi e battaglie, mentre dovrebbe essere solo lavoro. Vita di tutti i giorni, non guerra. Un uomo che attraversa la strada con la busta della spesa, e sullo sfondo delle nostre giornate scorrono insignificanti le immagini di un palazzo vuoto dove una politica vuota continua i suoi incomprensibili riti.

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Marco Patucchi
(repubblica.it)

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