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VIDEO-Reggio, arrestato il 26enne Davide Berlingieri: latitante da 4 mesi, sfuggito ad operazione Dda

Dopo 4 mesi di latitanza è stato arrestato a Reggio Calabria Davide Berlingieri, 26 anni, appartenente alla comunità rom, sfuggito all’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip nell’ambito dell’inchiesta “Garden” coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia e che lo scorso novembre portò all’arresto di 27 persone ritenute vicine alle cosche Borghetto e Latella operanti nei quartieri di Modena e Ciccarello. Proprio in quest’ultima zona, nella periferia sud della città, è scattato oggi il blitz del Gico della guardia di finanza che ha consentito l’arresto di Berlingieri. Il giovane è stato scovato in via Loreto.

I finanzieri non hanno dubbi sull’esistenza di una rete di fiancheggiatori che ha garantito la latitanza di Berlingieri e, per questo, sono ancora in corso numerose perquisizioni in zona dove non è escluso possano esserci anche dei fermi. Stando all’inchiesta, coordinata dal procuratore Giovanni Bombardieri e dall’aggiunto Walter Ignazitto, il ventiseienne avrebbe ricoperto un “ruolo apicale” nel gruppo criminale composto da soggetti appartenenti alla comunità rom e in rapporti con la ‘ndrangheta. Secondo gli inquirenti, infatti, Berlingieri fungeva non solo “da trait d’union tra i Latella e i numerosi pusher da loro riforniti” ma, con la droga della ‘ndrangheta, gestiva una piazza di spaccio. Considerato uomo di fiducia di Angelo Latella, infatti, il giovane rom avrebbe partecipato anche a un summit avvenuto il 7 dicembre 2020 alla presenza del boss Cosimo Borghetto nel corso del quale, riporta l’ordinanza “si erano definite le strategie dell’associazione nella gestione del traffico degli stupefacenti”. Tra i reati contestati a Berlingieri c’è anche la detenzione di armi ed esplosivi. Non solo pistole e fucili ma anche il materiale trovato dai finanzieri all’interno di un garage nel condominio “La Chiocciola” a Sbarre Superiori dove il clan nascondeva una mitragliatrice Likaweld M91 calibro 9 parabellum con matricola abrasa e 2,39 chili di esplosivo tipo gelatina dinamite a base di nitroglicerina.

Per la prima volta nel territorio della provincia di Reggio Calabria, è stato disvelato un nuovo e pericolosissimo volto della ‘ndrangheta che, pur di perseguire i propri lucrosi scopi, ampliare la potenza economica, rafforzare le fila militari ed estendere il proprio controllo sul territorio, è giunta finanche a stringere patti gravissimi con le comunità nomadi, certamente quelle più pericolose e spregiudicate.
In tal senso, le indagini hanno consentito di appurare che l’organizzazione si avvaleva – specialmente per il compimento delle più efferate attività criminali, come reati in materia di armi, di droga e, alla bisogna, anche di condotte violente e sanguinarie – della locale comunità rom, non solo asservendola a sé, ma anche in forza di un ormai necessario “do ut des”.
In questo modo, tali comunità di nomadi sono state non solo legittimate sul territorio, ma, fatto ancor più grave ed inedito, hanno conquistato uno spazio di autonomia e libertà delinquenziale di estrema pericolosità sociale mai goduto prima e che, senza la protezione di cosche storiche e potenti, altrimenti non avrebbero potuto avere.