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Corte d’Assise condanna a 20 anni il “mostro” di Gizzeria-VIDEO

VIDEO-Catanzaro – La Corte di assise di Catanzaro, presieduta dal giudice Alessandro Bravin, ha condannato alla pena di 20 anni Francesco Rosario Aloisio Giordano, 56 anni, di Gizzeria, nel Lametino, riconosciuto colpevole di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale, lesioni personali aggravate, riduzione in schiavitù.
L’uomo, pregiudicato con precedenti specifici in materia sessuale, venne arrestato il 23 novembre 2017 dai carabinieri della Compagnia di Lamezia Terme in quanto ritenuto responsabile di più condotte, commesse tra il 2007 e il 2017 in danno della convivente di nazionalità romena di 29 anni e alla presenza dei figli minori di anni 9 e 3.
Più in particolare, l’attività investigativa svolta dal Comando Stazione di Gizzeria Lido è scaturita a seguito di un controllo, avvenuto durante un servizio di prevenzione, dell’indagato il cui atteggiamento, valutato anche in ragione delle fatiscenti condizioni del veicolo a bordo del quale viaggiava con il figlio di 9 anni, ha insospettito gli operanti. I militari hanno ritenuto opportuno svolgere ulteriori approfondimenti, anche in considerazione della reticenza dell’indagato a fornire l’indirizzo di residenza, finalizzati anche a valutare le condizioni igieniche in cui viveva il minore, scoprendo che il ragazzo unitamente alla sorellina di anni 3 e alla loro madre vivevano in una piccola baracca fatiscente, priva di illuminazione e di servizi, ubicata nelle campagne di Gizzeria. Ambiente angusto, insalubre, infestato da topi e insetti, con servizi igienici ricavati nei secchi della spazzatura e letti in cartone. In considerazione delle gravissime condizioni di degrado riscontrate, la donna e i due bambini sono stati immediatamente trasferiti in località protetta.
Gli ulteriori approfondimenti investigativi hanno consentito di accertare che la donna, già badante della precedente compagna dell’indagato (deceduta), era segregata, da circa 10 anni, prima all’interno di diversi appartamenti e poi nella citata baracca, venendo costretta in stato di schiavitù, subendo reiterate e crudeli violenze sessuali (dalle quali sono nati i due bambini) e inaudite e gravi lesioni (anche alle parti intime e anche durante i periodi di gravidanza), alcune delle quali saturate con una lenza da pesca direttamente dall’uomo.
Alla donna, quasi sempre rinchiusa dentro la baracca e reiteratamente costretta, per ore, a subire inaudite violenze, venendo immobilizzata e legata al letto, non è stato mai consentito di avere relazioni sociali e di ricevere cure mediche neanche durante le gravidanze, venendo anche costretta a non lavarsi da oltre un anno. Molte delle violenze patite dalla donna sono avvenute alla presenza dei due minori che, talvolta, venivano anche minacciati al fine di farli partecipare alle brutalità.
L’uomo, al termine delle formalità di rito, è stato tradotto presso la casa circondariale di Catanzaro a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.
Nel corso della sua arringa conclusiva il Pm aveva chiesto la condanna a 26 anni, accolta in forma ridotta dalla Corte, mentre insoddisfatta si è dichiarata il legale di parte civile Claudia Conidi.
L’imputatp era difeso dagli avvocati Antonio Larussa e Bernardo Marasco.

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