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Scuole chiuse a Catanzaro, il Tar bacchetta l’ASP. Ecco perchè

Sergio Abramo ce l’ha fatta. Aveva chiuso le scuole e mantenuto la drastica decisione anche contro il pronunciamento del Tar, che lo scorso 22 marzo aveva bocciato la sua ordinanza di sospensione della didattica in presenza, riproponendola il 24 marzo con una richiesta di dati aggiornati sui numeri del contagio. Immediatamente è giunto un altro ricorso contro il sindaco di Catanzaro, ma questa volta il giudice amministrativo lo ha rigettato. Per paradosso, la rivincita di Abramo è merito della scarsa puntualità dell’Asp provinciale, la stessa causa che pochi giorni fa lo aveva fatto soccombere al ricorso fornendo dati inconsistenti a giustificare la chiusura delle scuole. Dati che adesso, richiesti da Abramo con un’istruttoria mirata, continuano ad essere pochi e incompleti, ma proprio per questo è opportuno attivare la Dad. Un rompicapo che si spiega nella sentenza odierna, in cui il Tar osserva che “in sede di comparazione degli interessi in gioco e tenuto conto del numero ridotto di giorni di lezioni in presenza concretamente fruibili da parte degli utenti del servizio scolastico fino al 31 marzo” è stato ritenuto “in via eccezionale prevalente quello, riconducibile al diritto alla salute”. Si tratta davvero di un’eccezione, visto che fino ad oggi tutti i ricorsi presentati al Tar da genitori che reputavano lesiva per i figli la didattica a distanza (rispetto alla reale situazione del rischio Covid) sono sempre stati accolti e con la medesima motivazione.

Stavolta però la responsabilità è dell’Asp catanzarese. Nella sentenza si rileva infatti che per i 53 casi accertati di positività al Covid nelle scuole di Catanzaro è ancora in corso il tracciamento dei contatti nelle classi e nei nuclei familiari, a fronte della difficoltà a svolgere queste operazioni da parte del dipartimento di prevenzione preposto e considerata la saturazione delle strutture sanitarie che stanno accogliendo pazienti da territori limitrofi. Scrive il giudice: “Si evince una dichiarata, evidente inadeguatezza del Dipartimento ad effettuare con la necessaria efficienza del caso le attività di contact tracing, con riferimento alle richieste, soprattutto di tamponi, provenienti anche dal mondo scolastico sia con riferimento alla città di Catanzaro e sia dal territorio di pertinenza; e la altrettanto ammessa incapacità del laboratorio ospedaliero di microbiologia menzionato dalla Asp di individuare autonomamente le cd. varianti del virus più aggressive nei confronti della popolazione giovanile, con la conseguenza che tale dato è al momento sconosciuto e la cui presenza sul territorio di Catanzaro è per ora solo presunta”. In quest’ottica e nel quadro di un’indagine ancora incompleta (quella richiesta da Sergio Abramo all’Asp), la chiusura-lampo delle scuole permetterà di “limitare il potenziale incremento delle richieste di attività di contact tracing rivolte al Dipartimento di Prevenzione, al fine del superamento delle gravi criticità di natura organizzativa palesate dall’Asp – da risolvere necessariamente in tempi brevi stante l’onere di diligente ed efficace impegno amministrativo nei servizi interessati”. Il Tar tiene in considerazione infatti che la chiusura disposta da Abramo avrà durata brevissima, fino al 31 marzo, ultimo giorno di lezione prima delle vacanze pasquali. Questa circostanza consentirà di limitare la Dad che – viene ribadito nella sentenza – è “modalità efficace sul piano formativo solo per brevi periodi e sulla cui uniforme disponibilità da parte di tutte le famiglie e capacità di fruizione da parte degli alunni più piccoli, esistono seri dubbi con conseguente pregiudizio del principio di eguaglianza nell’apprendimento”. La misura cautelare richiesta con il ricorso è dunque rigettata: gli studenti di Catanzaro saranno per quattro giorni in Dad in piena legittimità del Comune che lo ha stabilito.

Ma il giudice amministrativo non risparmia una bacchettata all’Asp: “L’amministrazione sanitaria preferito esporre ‘al di là dei numeri specifici e della colorazione (zona arancione)’ uno stato d’animo di ‘forte preoccupazione’ ed una serie di criticità organizzative, queste ultime suscettibili di considerazione ancorchè sganciate da dati precisi”. La conclusione è tassativa: “E’ incondivisibile l’affermazione dell’Asp secondo la quale il ‘dubbio’ a ‘prescindere dai numeri’  (che dovrebbero viceversa essere costantemente raccolti, elaborati e resi disponibili da parte delle strutture addette alla prevenzione ma di cui l’Asp non ha la disponibilità) possa giustificare proposte di chiusura di tutte le scuole per settimane su intere aree urbane al momento comunque ricomprese in zona arancione e trascurando di suggerire interventi a carico degli adulti”.

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