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sabato, 20 Aprile, 2024
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Il pentito Mantella svela “il sistema” e accusa cinque magistrati corrotti di Catanzaro

Non solo le confessioni di Marco Petrini, ex presidente di Corte d’Appello di Catanzaro e del “faccendiere”, Emilio Santoro ma anche quelle di Andrea Mantella, ex killer del clan vibonese dei Lo Bianco e oggi collaboratore di giustizia. Da quanto si apprende, infatti, quest’ultimo avrebbe a lungo riferito ai magistrati di Salerno, titolari dell’inchiesta “Genesi” del “sistema” adottato dalle cosche calabresi per ammorbidire le sentenze che le riguardavano. Sono cinque i magistrati indicati dal collaboratore e di cui però non si conoscono i nomi, attualmente coperti da omissis.
Mantella, è imparentato con il clan Giampà di Lamezia Terme, (ero il cognato di Pasquale Giampà, alias buccaccio, quello che è stato ucciso, afferma a verbale), e quando i pm gli chiedono i collegamenti tra Giampà (detto Tranganiello) e i giudici non si lascia pregare. “Praticamente – dice – era un massone, aveva entrature nella massoneria, e avrebbe avuto un socio, non lo so se era un socio occulto, che lavorava in magistratura”.
Un rapporto, presunto, che Mantella avrebbe sfruttato per attenuare la sua pena in un processo. “Mio cognato Antonio Franzé – afferma ancora– mi ha detto praticamente nel carcere di Siano quando io facevo il colloquio, mi ha detto stai tranquillo che abbiamo speso un patrimonio…”. In questo caso, stando al pentito, in un processo per tentato omicidio in concorso, l’avvocato che avrebbe fatto da intermediario gli avrebbe riportato la proposta di un giudice: “O 24 anni al complice e Mantella lo facciamo uscire per un concorso in tentato omicidio, una cavolata, oppure 12 anni ciascuno”. Il tutto sempre in cambio di soldi.
Un vero e proprio sistema che secondo Mantella era utilizzato anche da esponenti di spicco di altre cosche calabresi e che gli sarebbe stato svelato in carcere da affiliati al clan Grande Aracri. “Si impegna una persona distinta, un professionista che si mette a disposizione attraverso diciamo delle grosse somme di denaro e tocca solo a quel funzionario, di mettere a posto se c’è da mettere qualcosa”.
“La tattica, il sistema è questo: qualche Cartier, qualche Rolex e alla fine… un pò di pazienza e ce la fai a uscire dal carcere. Tutti i miei episodi sono stati – sottolinea Mantella – denaro in contante”.
Con cifre che raggiungevano anche 70mila euro.

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